Trama: Sam è un ragazzo autistico di 18 anni. Vive con i genitori e sua sorella, è molto sensibile e appassionato di creature antartiche, va a scuola e, come ogni giovane adulto, sogna per se stesso l’autonomia e l’indipendenza.
Anno: 2017 Paese: Usa Titolo originale: Atypical Episodi: 20
Durata: 30min Genere: drammatico Voto: 4/5
N.B. la mia professione di educatrice finora nasce, cresce e si sviluppa da diversi anni nel contesto dei disturbi dello spettro autistico.
Con molto piacere, dopo tanto tempo ho la possibilità di parlarvi per bene di Atypical. Avrei voluto farlo prima ma, causa volontà di approfondire bene la questione, ho rimandato spesso per poi decidere di fare un bel re-watch di entrambe le stagioni e arrivare più preparata a voi.
Penso che Atypical sia una delle serie più intelligenti, educative e meglio costruite tra tutte quelle che ho avuto modo di vedere su Netflix. Si lascia sicuramente apprezzare per diletto, per lo sviluppo della trama e dei suoi personaggi, ma è soprattutto una serie tv in grado di spiegare cosa significhi essere autistici e come di fatto una persona autistica e la sua famiglia vivano emotivamente e materialmente la loro quotidianità.
Non farò una digressione sui disturbi dello spettro autistico per non annoiarvi e non uscire esageratamente fuori tema, anche perché ne ho già abbondantemente parlato nell’articolo Corso Montessori #27: Disturbi dello Sviluppo e Nomenclature & Appaiamenti, tuttavia ciò che mi preme sappiate prima di approcciarvi a questa serie è che l’autismo e tutti i disturbi ad esso connessi, non sono così come vengono spesso comunemente intesi anzi, sono esattamente il contrario.
Un falso mito sull’autismo
Tra le convinzioni più diffuse vi è quella che chi vive questa condizione sia anaffettivo, insensibile, violento, che non necessiti di affetto, contatto o amore. Questo è del tutto sbagliato.
Gli autistici sono molto schivi certamente, ma paradossalmente non perché insensibili, ma perché, al contrario, enormemente sensibili. La questione di base dell’autismo sta proprio nella loro difficoltà di filtrare e decodificare gli stimoli emotivi e sociali provenienti dall’esterno per poi venirne estremamente sopraffatti.
Sovraccaricati e non in grado di gestire la situazione, si entra in tilt emotivamente cercando in ogni modo di stemperare la tensione mettendo in atto una serie di rituali e comportamenti inconsueti che, con un linguaggio più appropriato, chiameremo stereotipie.
La funzione delle stereotipie è quella inconscia di calmante. È ciò che accade ad ognuno di noi quando siamo molto nervosi e iniziamo a stuzzicarci le pellicine, a mangiarci le unghie, a morderci le labbra, canticchiare o ridere in modo isterico ecc. Nel caso della persona autistica però, avendo particolare difficoltà nel leggere le dinamiche sociali, questi comportamenti sono spesso più evidenti, con parole e suoni ripetuti costantemente, movimenti delle mani e delle dita e dondolii, fino ad arrivare in alcuni casi a comportamenti aggressivi verso se stessi, gli altri e fughe.
Perciò è molto importante, quando si ha a che fare con una persona autistica, partire dal presupposto che sia estremamente sensibile e che per questo occorre avere un particolare rispetto per la sua emotività facendo sempre attenzione a non porla mai nella condizione di sentirsi minacciata.
Per questo motivo penso che la via migliore per interagire con questi bambini e ragazzi sia primariamente di parlare con le persone che li conoscono, poi di parlare in modo semplice e chiaro con i ragazzi stessi, ma soprattutto di ascoltarli senza mai dare nulla per scontato, e dargli tanta fiducia perché vi sorprenderanno e insegneranno molto, come succede a me. Non siate voi a chiudervi.
Aggiungo che, come ognuno di noi, ciascun soggetto autistico è estremamente diverso dall’altro, con competenze, attitudini ed interessi differenti: ciò che può andare bene per qualcuno può essere deleterio per qualcun’altro, rendendo imprescindibili per una sana relazione attenzione, empatia e rispetto.
Atypical è in grado di raccontare l’autismo
Tornando ad Atypical, questo diventa un prodotto particolarmente interessante poiché in grado di raccontare l’autismo con estrema delicatezza e cura dei dettaglio che, visto con un occhio allenato, si notano e apprezzano moltissimo.
La serie ovviamente è incentrata sul giovane Sam (un incredibile Keir Gilchrist), ma di contorno consociamo anche i suoi genitori Elsa e Doug e sua sorella minore Casey. Vengono ben sviscerate le dinamiche familiari, con i genitori che lottano quotidianamente per dare una vita normale al proprio figlio e una sorella di due anni più giovane che di fatto funge da sorella maggiore non distogliendo mai lo sguardo da Sam.
Tutto ci viene raccontato da una voce narrante, proprio quella di Sam che, con la grande sensibilità che dicevamo più sù, percepisce ogni dettaglio di ciò che lo circonda decidendo però di elaborarlo raccontandolo alla sua psicoterapeuta (e a noi) servendosi di costanti metafore legate alla vita dei pinguini antartici, animali per i quali nutre una immensa passione. Così, seguendo i suoi discorsi a primo impatto strampalati, entriamo in contato con ragionamenti molto lucidi e profondi riguardanti la vita, i rapporti in famiglia, gli affetti, l’amore, l’amicizia, il futuro e tanto altro.
Certo, Atypical rimane una serie tv, non un documentario, dunque alla narrazione principale su Sam fanno eco le difficoltà coniugali dei genitori, l’affermazione personale di Casey e le varie vicissitudini di amici e compagni di scuola di Sam. La vena un po’ romanzata ovviamente non manca, ma nel complesso non guasta ed è coerente con la trama se non per qualche forzatura sul finire della seconda stagione.
La vera forza di Atypical rimane nella capacità di raccontare una condizione di vita atipica, appunto, dimostrandoci quanto la reale atipicità spesso sia la nostra. Sam di fatto è un ragazzo come tanti, troppo sensibile e buono per un mondo fatto di costrutti sociali, significati astratti e sarcasmo. Lui e i ragazzi come lui invece, sono puri, si limitano a ciò che si palesa, al detto e al tangibile senza malizia, inducendoci a riflettere su quanto le nostre vite neurotipiche siano spesso estremamente condizionate da una miriade di fattori che di fatto sono solo elucubrazioni mentali basate su consuetudini sociali che perdono ogni significato non appena ci si sposta nel tempo e nello spazio.
A pensarci bene, è davvero paradossale che ad essere considerati atipici siano coloro che dicono e fanno solo ciò che pensano quando lo pensano e perché lo necessitano, senza mentire e senza secondi fini…!
A presto,
Giancarla.