Perché parlare con i bambini di sesso, tristezza e morte

In numerose culture, concetti come nudità, corpo, sesso, malattia e morte sono avvolti da un alone di impronunciabilità, generando un pudore collettivo che si perpetra nel tempo e gonfia tali concetti di ulteriori ansie e paure innecessarie.

Tuttavia, se non saranno né i genitori né la scuola a fornire le informazioni corrette ai bambini, da dove le prenderanno? E con quali strumenti potranno decodificare i messaggi e le immagini da cui vengono bombardati ogni giorno?

Se fa parte della vita, allora va insegnato.

È un principio molto amato nella cultura danese, che vale per la morte, le emozioni difficili e per il sesso.

Un approccio a questi temi diretto e onesto fin dalla prima infanzia, modulato sulle diverse età, permette di coltivare una relazione serena con ogni aspetto dell’esistenza umana: non si nutrono aspettative troppo fantasiose rispetto alla vita, perché la si affronta da subito con estremo realismo. E questo contribuisce a forgiare la propria resilienza.

L’educazione nasce dalla reale comprensione di quel che i bambini desiderano sapere, a seconda della loro età. Non solo quello che gli adulti ritengono importante per loro, senza bugie né giudizio, restando ancorati alla realtà, perché la discrepanza tra il proprio vissuto e le narrazioni che circolano sui media possono generare ansia, depressione e solitudine in molti soggetti.

Quando si parla di sincerità in relazione all’educazione sessuale o ad altri argomenti tabù secondo il mondo degli adulti, uno dei primi aspetti su cui bisogna soffermarsi è il linguaggio. Prestare attenzione alle parole che scegliamo di usare con bambini e ragazzi è fondamentale.

L’educazione deve assicurasi che i ragazzi sappiano distinguere quel che è vero e autentico da quel che non lo è al fine di tutelarsi proteggendo il proprio equilibrio mentale.

Spesso i genitori pur senza accorgersene trasmettono ai figli molta insicurezza.

Se i bambini sentono la nostra resistenza a parlare di certi argomenti, cercheranno di proteggerci evitando di condividere con noi i loro sentimenti. Dovremmo tenere sempre a mente che anche loro provano tristezza, nostalgia, rabbia, impotenza e senso di colpa davanti alla malattia, alla morte e altri eventi traumatici. Se non possono esprimere queste emozioni a parole, lo faranno comunque in qualche altro modo che potrebbe rivelarsi disfunzionale o non sano, per questo è importante parlarne.

Grazie alla sincerità possiamo dare ai nostri ragazzi un’arma importante: la sicurezza di conoscere e saper parlare di ogni argomento, senza venirne totalmente travolti quando la vita ci costringe ad affrontarlo.

Ecco a cosa dovrebbe mirare l’educazione: l’informazione è potere, lo è sempre stato e in questo caso specifico ancora di più.

Se tenessimo a mente, poi, che nel proprio profondo, tutti hanno sentimenti e convinzioni su temi come la morte che desiderano condividere e approfondire potremmo, fare un grande lavoro in termini di sviluppo dell’empatia, soprattutto in riferimento alle emozioni di chi rimane e affronta il lutto.

L’obiettivo è far capire che la vita e la morte così come la gioia e il dolore, sono due facce della stessa medaglia.

Non abbiamo sempre tutte le risposte alle domande dei bambini, e va bene così. La cosa importante è ascoltarli e dare loro risposte attente e oneste emotivamente.

Affrontare questi temi apertamente e con sincerità consentirà ai bambini di imparare a regolare le proprie emozioni e di sapere che si può parlare di cosa e fare qualsiasi domanda: parlare con i bambini della morte è molto utile e addirittura terapeutico per noi adulti. Ci aiuta a rimanere in contatto con la vita.

A presto,

Giancarla.

Fonte: Alexander J. J., Il nuovo metodo danese per educare i bambini alla felicità a scuola e in famiglia, Newton Compton Editori, Roma, 2018.

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