Il pregiudizio verso gli altri è frutto della nostra frustrazione

Pregiudizio: atteggiamento sociale, fortemente ancorato a stereotipi, dotato di carica emozionale, che difficilmente tende a modificarsi di fronte ad un’informazione contraria.

Il primo pregiudizio che normalmente viene in mente, è quello di tipo razziale e razzista, a cui però si sommano quelli di tipo linguistico, religioso, culturale, sessuale, di classe ecc. Ossia: ogni individuo può essere oggetto del pregiudizio di un altro, e affrontare il tema della prevenzione e della destrutturazione di certi atteggiamenti e comportamenti è, dagli anni’50 del Novecento in poi, uno dei temi di più grande dibattito istituzionale e sociale.

Una teoria estremamente interessante, volta a comprendere l’origine del pregiudizio, è quella proposta da Dollard nel 1967, la teoria della frustrazione-aggressività.

Secondo Dollard, il pregiudizio ha origine in relazione al soddisfacimento dei propri bisogni, che rappresenta per gli individui, il metro di misura per conferire senso e significato al proprio mondo oltre che la strada fondamentale per raggiungere i più alti obiettivi personali. Nel momento in cui, però, tali bisogni si vedono insoddisfatti, si entra in frustrazione rischiando di sfociare nell’aggressività.

Cosa c’entra il pregiudizio in tutto questo? A generarlo e fomentarlo è la frustrazione.

Nel momento in cui in noi nasce la frustrazione che si manifesta con l’aggressività, per le persone è molto più facile scaricarla non sull’oggetto originario della frustrazione, ma sul altro o, per meglio dire, su altri membri di gruppi sociali più deboli, secondo il noto meccanismo del capro espiatorio.

A questo proposito Allport (1973) scrive: « (…) possiamo affermare che alcuni frustrati tendono a incolpare se stessi dell’esperienza frustrante: (…)  sono gli autopunitivi. Ma altri ancora vedono (e cercano) in modo particolare agenti esterni da incolpare. Questo tipo eteropunitivo di reazione può avere una base realistica (se è veramente identificabile una fonte di frustrazione), o non realistica, se il biasimo è indirizzato male. Naturalmente è solo il tipo di risposta eteropunitiva ad esigere la presenza del capro espiatorio».

Photo by Universal Eye

I bisogni che possono determinare la formazione di pregiudizi si identificano in (Arcuri, 1995):

  • fornire uno sfogo all’aggressività generata da frustrazione dovuta a limitazioni di vario tipo; è quanto avviene ad esempio nei momenti di crisi economica e di intensa disoccupazione, o nei momenti di tensione politica.
  • fornire un oggetto su cui proiettare impulsi negati quali l’aggressività e la sessualità. Non stupisce a questo proposito l’immaginario sessuale circa i corpi, al maschile, ma soprattutto al femminile, delle persone di colore;
  • razionalizzare bisogni e comportamenti considerati culturalmente inaccettabili e giustificarli solo all’interno della svalutazione, dell’inferiorizzazione o, estremizzando, della disumanizzazione dell’altro. Le regole che un membro del gruppo segue nel comportarsi con un altro membro dello stesso gruppo vengono disattese quando ci si relaziona con un soggetto di minoranza oggetto di pregiudizio: sottopagare un immigrato o prevedere condizioni di vita al limite dell’accettabilità, pretendere prestazioni sessuali, ecc.
  • valorizzare sé stessi e il proprio gruppo di appartenenza attraverso l’inferiorizzazione delle minoranze.

A giustificare poi l’esistenza del pregiudizio, vi è il suo svolgimento di alcune funzioni ben precise nell’ambito dell’equilibrio sociale:

  • Funzione psicologica: il gruppo minoritario raccoglie su di sé tutte le ansie, le insoddisfazioni della popolazione autoctona. Tutti i mali della società vengono addossati ai gruppi minoritari.
  • Funzione economica: il gruppo minoritario viene relegato in una posizione di marginalità sociale per poi essere “giustamente” sfruttato nell’area del lavoro più marginale e sottopagata.
  • Funzioni socio-culturali: la presenza di un gruppo minoritario, trattato come minaccia per i propri valori e modi di vivere, rafforza l’identità del gruppo maggioritario e i bisogni di stabilità sociale e di sicurezza.

Infine, a determinare la nascita, il radicamento e il rafforzamento di un atteggiamento qual è il pregiudizio, entrano in gioco tre componenti:

La componente conoscitiva, ossia quantità e qualità di informazioni circa l’oggetto dell’atteggiamento. Il pregiudizio, a questo livello, comporta false conoscenze o generalizzazioni troppo ampie rispetto tratti e comportamenti culturali, che tendono a divenire esplicativi e stereotipati. Gli stereotipi si inseriscono a questo livello.

La componente affettiva si riferisce ai sentimenti, alle emozioni, agli stati d’animo che si attivano di fronte all’oggetto dell’atteggiamento: paura, disapprovazione, senso del ridicolo, es. se si è amanti della letteratura russa, si proverà simpatia per i russi.

La componente conativa indica la tendenza all’azione, la disposizione comportamentale (azioni manifeste o intenzioni) di fronte all’oggetto dell’atteggiamento, es. se il rom è per definizione un ladro (componente cognitiva), posso provare sentimenti (componente affettiva) come la disapprovazione o la rabbia, dai quali emergono comportamenti di vario tipo, es cambio strada quando incontro persone rom.

Photo by Kat J

Il processo di formazione di pregiudizi o meno si sviluppa attraverso l’esperienza e il contatto diretto o indiretto con l’oggetto dell’atteggiamento stesso, attraverso la mediazione delle figure familiari, dei coetanei, dei mass media, attraverso tutte quelle forme di educazione extrascolastica e informale che hanno un peso forte sulla formazione individuale, soprattutto in merito alla sfera valoriale.

A presto,

Giancarla.

Fonti: Arcuri L., (a cura di), Manuale di psicologia sociale, Il Mulino, Bologna, 1995; Allport G. W., La natura del pregiudizio, La Nuova Italia, Firenze, 1973; Dollard J. e Coll., Frustrazione e aggressività, tr. it.: Giunti e Barbera, Firenze, 1967.

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