Tra gli stati d’animo più diffusi nelle nuove generazioni troviamo ansia, insoddisfazione, frustrazione e stress, ma anche veri e propri disturbi (se non patologie), come attacchi di panico, depressione, disturbi dell’alimentazione, abuso di sostanze e ritiro sociale.
Le nuove generazioni, nate e cresciute nella bambagia rispetto a quelle precedenti, sembrano psicologicamente più fragili e con un senso di solitudine dilagante.
Le cause sembrano essere molteplici; una delle più consolidate risiede nella famiglia che, sebbene si sia emancipata, si è anche nuclearizzata passando da una sorta di clan in cui tutti potevano contare su tutti, ad un nocciolo di 2, 3, nei casi fortunati 4 persone conviventi, spesso iper impegnate durante il giorno che si incontrano solo a cena. E sentirsi soli, è un attimo.
Al tempo stesso le difficoltà lavorative hanno favorito nei decenni l’affermarsi delle migrazioni con l’esito che quei residui familiari sopravvissuti, si siano ulteriormente spezzettati. Ma non solo.
Per la generazione che oggi si affaccia alla vita un ulteriore elemento di apparente socialità ma di latente solitudine, ha fatto capolino: la vita online. Nel tentativo di colmare la propria solitudine reale, in tanti, soprattutto giovanissimi, hanno trovato accoglienza su Internet avendo le competenze digitali per farlo ma non sempre la maturità emotiva per gestirlo. Sui socialnetwork in particolare, essendo ognuno libero di mostrare solo le parti della propria vita che ritiene migliori, non è raro che, se non si ha la lucidità di capire che quanto mostrato è opportunamente infiocchettato se non ritoccato, non è difficile cadere nell’illusione di paragonarsi a standard irreali e irraggiungibili.

Tutto questo, sommato alle normali difficoltà della vita umana, con estrema facilità può condurre chiunque a non sentirsi all’altezza della realtà “circostante”, a vivere con un costante senso di inadeguatezza e a dare sfogo a tutte le proprie insicurezze fino a raggiungere i livelli di instabilità emotiva prima citati.
In questo quadro culturale, gli standard di vita, le aspettative sociali e le attese personali si elevano drasticamente volendo tutti noi – uomini, donne, bambini, bambine, vecchi e giovani -, sempre naturalmente belli, in una casa instagrammabile, con fisici che non rispecchiano la nostra età, ricchi genitori di perfetti figli montessoriani, che guadagnano bene, lavorano poco, il sabato sera vanno a cena con il proprio partner e nei periodi di festa si geolocalizzano Altrove dopo una story postata in un aeroporto rigorosamente internazionale.
Se prima, per i giovani adulti, a ticchettare era solo l’orologio biologico, oggi c’è quello della previdenza sociale che fa fare i calcoli sulla pensione prima dei trent’anni, ma anche quello della banca per il mutuo che sarà – se sei fortunato – almeno quindicinale, a cui si somma quello del nido privato se sei così folle da metter su famiglia, con la consapevolezza che, sei sei donna e incinta, ne vedrai delle belle. Insomma, ancora una volta, sentirsi soli e falliti qualora non si riuscisse a far volteggiare in aria tutti i birilli, diventa un nanosecondo e i casi di ritiro sociale, gergalmente parlando, diventano più che comprensibili.

L’elemento paradossale é che, anche se la società si consideri evoluta rispetto ai decenni passati, di fatto le questioni sociali non si sono semplificate, ma al contrario complicate.
L’emancipazione femminile solo sulla carta, con disparità salariale e lavorativa, affiancata alla scarsa presenza di politiche sociali, di fatto porta spesso l’uomo a dover essere ancora quello che deve portare i soldi a casa, colui che a livello emotivo e materiale deve assicurare comunque un tetto sulla testa a tutti: partner, figli e genitori anziani compresi.
Per come è la società italiana attuale, l’uomo, sebbene affiancato da una donna più forte rispetto al passato, socialmente ci si aspetta ancora che in totale solitudine e dando per scontato che sia nato imparato, “faccia l’uomo” sempre e comunque.
Sull’onda di queste riflessioni, consapevole di quale sia la posizione femminile ancora in estrema lotta per il proprio ruolo implicitamente subalterno, mi è sorto un dubbio: ma gli uomini, di tutto questo, cosa pensano? Si dà per scontato che essere i capi (famiglia) sia un privilegio e piaccia tutti, ma è davvero così? I ragazzi di oggi, percepiscono le pressioni sociali? E come le vivono?
Incuriosita da tali quesiti, servendomi dei social e di qualche intervista diretta, ho chiesto ad un gruppo di 4 ragazzi tra i 30 e i 38 anni, proveniente da diverse realtà regionali e lavorative, di dirmi liberamente cosa pensasse delle pressioni sociali contemporanee e come le vivesse.

Gli uomini sentono le pressioni sociali?
Ovviamente si. Tutti coloro i quali hanno partecipato al sondaggio, hanno risposto in modo affermativo, ma la cosa che mi ha felicemente sorpresa rispetto all’immagine che si ha degli “uomini d’oggi”, è che 3 su 4 hanno risposto in modo combattivo, dimostrando che pur consapevoli della presenza di pressioni esterne, queste per loro sono carburante, dinamite per portare avanti la propria vita.
Si sentono condizionati dalle pressioni sociali?
Molto candidamente, 2 su 4 hanno risposto che, pur sentendo le pressioni, non le vivono in modo realmente condizionante cercando di rimane focalizzati sulle personali scelte di vita. Sono ragazzi comunque forgiati dalle proprie esperienze che sanno cosa vogliono, riuscendo a scindere tra ciò che vorrebbero gli altri per loro e ciò che loro sanno essere giusto per loro stessi.

Ma quali sono le pressioni che percepiscono di più?
Sicuramente le classiche: metter su famiglia, l’acquisto di una casa, un lavoro remunerativo, ma anche l’estetica che fino a qualche decennio fa quasi non riguardava il vivere maschile, oggi ha un certo peso: sono consapevoli dell’importanza del modo in cui esteriormente si presentano agli altri facendosi per questo problemi in alcuni casi o curandosi attentamente in altri.
Quali aspetti della vita, pressioni sociali o meno, considerano fondamentali per sentirsi uomini realizzati?
In primis la cura della propria persona in ogni dimensione possibile e immaginabile. L’ipotesi di metter su famiglia non è affatto esclusa, ma tutti, nella fase della vita in cui rispondono, sono consapevoli che dopo tanto studio o lavoro, necessitano di raccoglierne i frutti. Più che avere figli, come accade a molti Millennials, intorno ai trent’anni si necessita di sfruttare gli strumenti che duramente si sono conquistati, per affermare la propria personalità. Per questo motivo un lavoro appagante e una casa a propria immagine e somiglianza, ma anche una relazione stabile e duratura sono la triade su cui si fondano la vita e i desideri immediati di un trentenne di oggi. Non mancano la voglia di viaggiare, di leggere, studiare, fare sport e dedicarsi anche agli altri nel limite delle proprie possibilità. In poche parole, un trentenne – quasi quarantenne, di oggi ha un gran bisogno di coltivare la propria persona, migliorandola.
È questa la sindrome di Peter Pan?
Per tanto tempo, si sono tacciati gli uomini d’oggi di essere immaturi, si sono create questioni mediatiche e politiche sull’innalzamento dell’età in cui ragazzi e ragazze escono di casa e hanno figli, accusandoli anche di egoismo.

L’impressione che ho avuto io parlando con loro e leggendo le loro risposte non è stata di essere di fronte a Peter Pan o immaturi, ma che si trattasse di persone consapevoli: sono ragazzi diventati maggiorenni a cavallo della crisi economica del 2009, che hanno iniziato l’università o il lavoro con alcune certezze rivelatesi poi totalmente infondate poiché la società nel frattempo si è radicalmente trasformata. Hanno imparato in casa che la vita è sacrificio e tra studio e lavoro in molti non si sono risparmiati. Ora semplicemente necessitano di un po’ di serenità e di godersi qualche attimo di leggerezza dopo tanto sacrificio e prima di assumersi ulteriori responsabilità con l’arrivo di figli. Non si tratta di mammoni, ma di giovani uomini che cercano di affermarsi e di essere indipendenti sulla base delle loro forze, senza strafare né fare il passo più lungo della gamba.
Anche se pochi, per non dire nessuno, hanno indicato ad ora tra le proprie priorità quella di avere figli, questi sono i ragazzi che a seguito delle loro consapevolezze potrebbero un giorno essere dei buoni padri. L’unico rammarico è che, anche per gli uomini, seppur non come per le donne, esiste il famoso orologio biologico e la vita va avanti. Se le nostre esigenze si sono dilatate nel tempo, il tempo a nostra disposizione sulla Terra non ha fatto altrettanto chiedendoci, in un modo o in un altro, di dover rinunciare a qualcosa che per la generazione odierna sembra la possibilità di godersi una famiglia numerosa e plurigenerazionale una volta giunti (?) alla pensione. Tutto questo è oggettivamente molto triste e dovrebbe dare molto da pensare ai governi che, invece di spingere le persone a vivere di sacrificio, dovrebbero iniziare ad offrire una società in cui certe rinunce non siano neanche contemplate soprattutto perché, con le possibilità contemporanee in campo tecnologico, psicologico, pedagogico e sociale, non sono più necessarie, anzi un vero e proprio spreco.

[Ah! A te persona che sei giunta a questo articolo domandandoti se il tuo lui non prenda impegni nei tuoi confronti perché gli uomini di oggi non sono più quelli di una volta e sono tutti immaturi, con la dovuta delicatezza, ma estrema franchezza, dico che è come sai già in fondo al tuo cuore: non è questione di immaturità, non siete fatti l’uno per l’altr*. Prova ad accettare questa idea e, se è così importante per te condividere la tua vita con qualcuno, inizia a cercare chi sa davvero valorizzarti: questo articolo dimostra che il mondo non è poi così pieno di casi umani.]
Augurando a tutti di trovare la propria strada, soprattutto ai ragazzi che mi hanno fatto l’onore di partecipare a questa piccola ricerca, vi saluto con affetto.
A presto,
Giancarla.
Fonti: I luoghi della cura; InfoSalute News; Noi siamo il futuro.
2 risposte a “Essere uomini, oggi: i trentenni tra sogni di vita e pressioni sociali.”
Mi ritrovo pienamente nella tua ricerca e nelle parole del tuo articolo, Giancarla.
Insomma, sti Millennials non sembrano proprio così male. 🙂
Sono – siamo – solo vittime di tante crisi economiche, di genitori qualche volta impreparati, di pressioni sociali e culturali che non hanno più senso di esistere.
Per fortuna – e lo dico con cognizione di causa dato che convivo da 7 anni – abbiamo donne al nostro fianco estremamente più libere e più pronte a combattere le proprie battaglie rispetto a qualche decina di anni fa e rispetto alle nostre madri. Senza di loro, senza il loro esempio, saremmo ancora più soli e ci sentiremmo ancora più pressati dalla vita.
"Mi piace""Mi piace"
Ciao Mauro, ti ringrazio per l’apprezzamento! Questo articolo è stato un po’ un azzardo andando controcorrente rispetto a tanti stereotipi, ma doveroso rispetto ai bei contributi che ho ricevuto. Il tuo commento positivo mi rincuora molto. Speriamo in bene per la nostra sconquassata generazione 🙂
"Mi piace"Piace a 1 persona