Giovanissima, Malala Yousafzai è un esempio per le nuove generazioni nonché un grande monito per quelle più anziane. Da poco superata la soglia dei 20 anni, Malala è già di diritto nell’Olimpo delle più importanti personalità in grado di cambiare in positivo il corso della Storia umana.

Infanzia
Malala nasce il 12.07.1997 a Mingora, città pakistana nella Valle Swat di circa mezzo milione di abitanti, nota per un importante sito archeologico. È la seconda dei quattro figli avuti dai coniugi Ziauddin Yousafzai e Toor Pekai. Prima di lei è nata una sorella deceduta alla nascita nel 1995, dopo i due fratelli maschi Khushal e Atal.

Quella degli Yousafzai è una famiglia di intellettuali: suo nonno era un insegnante di teologia e Imam mentre suo padre, a sua volta insegnante, è laureato in inglese e, al formarsi della sua famiglia con Toor, gestisce una catena di scuole conosciute come la Khushal Public School, in onore di un poeta pashtun da cui ha preso anche il nome per il primo figlio maschio.
Malala, come i suoi fratelli, fin da giovanissima è ispirata dal padre allo studio, alla riflessione, al porsi domande sulla vita e a cerare risposte non convenzionali, nonostante nell’area geografica di origine prevalga una visione tradizionalista che concepisce la vita in un’ottica fortemente religiosa in cui uomini e donne non hanno gli stessi diritti e la donna è tenuta lontana dall’istruzione. Un esempio lampante sotto gli occhi di Malala è sua madre Toor che, pur essendo una donna acuta è molto profonda, ha avuto scarso accesso agli studi non avendo in seguito alcun tipo di scelta sul proprio futuro professionale.

Malala cresce serena e va a scuola fin quando, tra fine 2008 e inizio 2009, quando ha solo 11 anni, nella Valle Swat non arrivano i Talebani, un gruppo armato fondamentalista islamico che, dopo aver trovato origine e affermazione in Afganistan, tenta di espandersi nel confinante Pakistan.
Presto iniziano una serie di battaglie tra governo pakistano e Talebani.
L’occupazione talebana
Inizia una lunga e sanguinosa fase di scontri che lascia sgomenta la comunità internazionale, vedendo un crescente numero di morti e una massiccia fuga dalla valle di decine di migliaia di persone.
Malala e la sua famiglia tentano di continuare la loro vita senza rinunciare ai propri valori sebbene nel frattempo i Talebani impongano la Sharia, una legge divina molto rigida considerata frutto di una rivelazione diretta e per questo incontestabile dagli uomini.

La Sharia porta concretamente alla requisizione della catena di scuole gestita da Ziauddin e all’imposizione di una serie di regole di vita molto restrittive, sia per uomini che per donne, con queste ultime relegate esclusivamente al ruolo di mogli e madri totalmente succubi del capo famiglia. La nuova (vecchia) condizione femminile vuole che le donne non abbiano più accesso all’istruzione al pari degli uomini.
La sfida ai Talebani e la collaborazione con la BBC
Questo sconvolge la giovanissima Malala che, sostenuta dalla famiglia, nel settembre 2008 a Peshawar, si lascia andare ad un pubblico discorso sfidando apertamente i Talebani contestando: «Come possono portar via il mio basilare diritto ad un’educazione?».
Rimbalzata su tutte le principali testate giornalistiche per il suo coraggio, Malala viene segretamente ingaggiata dalla BBC, l’emittente nazionale britannica, come corrispondente pakistana per testimoniare su un blog, con lo pseudonimo di Gul Mukai, le condizioni di vita di bambini, donne e uomini sotto il regime dei Talebani. Nonostante lo pseudonimo volto a tutelarla, nel dicembre 2009 fonti anonime rendono nota la sua identità costringendo la BBC ad oscurare il sito.

Nel bene e nel male, Malala diventa un personaggio noto, iniziando a ricevere le prime minacce da parte dei Talebani.
Incuriosito dalla sua storia, nel 2010 il reporter Adam B. Ellick realizza un documentario sulla sua battaglia.
La prima edizione del Premio nazionale per la pace
La popolarità di Malala, che nel frattempo continua a studiare e a portare avanti il proprio attivismo, cresce rapidamente in tutto il Medio Oriente valendole nel 2011 la prima edizione del Premio nazionale per la pace assegnatole dal primo ministro pakistano, aggiudicandosi anche una somma di circa 4000 euro da destinare ai propri studi.
Poco dopo, tale onorificenza si è scelto di ribattezzarla Premio nazionale Malala per la pace.

Tanta attenzione mediatica inizia seriamente ad infastidire il mondo talebano che inserisce Malala in una lista di indesiderabili responsabili della diffusione del “secolarismo” nella zona.
L’attentato
Il 9 ottobre 2012, all’età di 15 anni, mentre è intenta a salire sullo scuolabus che da scuola la riporta a casa insieme alle sue compagne, un uomo le spara alla testa.
L’uomo si avvicina al gruppo di ragazzine, chiede: “Chi è Malala?” e dopo aver ricevuto risposta, spara, ferendo gravemente Malala e due sue amiche.
Ricoverata nell’ospedale militare di Peshawar, è sottoposta alla rimozione chirurgica dei proiettili dalla testa e dal collo sopravvivendo.

Nel frattempo Ihsanullah Ihsan, portavoce dei Talebani, rivendica la responsabilità dell’attentato, sostenendo che la ragazza sia il simbolo degli infedeli e dell’oscenità, minacciando che, se sopravvissuta, sarà nuovamente oggetto di attentati.
Pochi giorni dopo l’attentato, ancora in vita seppur in gravi condizioni, Malala viene trasferita in un ospedale di Birmingham offertosi di curarla.
Nascita di un’attivista planetaria
Nonostante quanto auspicato dai Talebani, non solo Malala si salva riuscendo addirittura a tornare a scuola già a marzo 2013, ma la sua popolarità travalica definitivamente ogni confine, vedendosi riconosciuta a livello planetario come una dei più famosi attivisti per il diritto all’istruzione e la parità di genere dell’epoca moderna.

Dopo il terribile 2012, il 2013 è un anno d’oro per Malala.
Dopo le cure, la sua prima apparizione pubblica è il 12 luglio 2013, giorno del suo 16° compleanno, qunado interviene all’Assemblea della gioventù delle Nazioni Unite, a New York con un interessante discorso sulla condizione femminile nel suo Paese. In alcuni passaggi afferma: “i libri e le penne sono le armi più potenti” e “l’educazione è l’unica soluzione”.
Nello stesso anno è insignita dell’International Children’s Peace Prize e del Premio Sakharov per la libertà di pensiero dal Parlamento europeo.
Io sono Malala, il più giovane Premio Nobel della storia
Ad ottobre 2013, in un’ideale risposta al suo attentatore che chiese “Chi è Malala?”, esce il suo primo libro autobiografico dal titolo Io sono Malala.

L’anno dopo, Malala, oggetto ancora oggi di costanti proteste da parte delle aree radicali islamiche che la vedono promotrice di idee contrarie all’Islam, entra nella storia.
È l’ottobre 2014 quando, a 17 anni, diventa la più giovane vincitrice di un premio Nobel, il Premio Nobel per la pace.
Insieme a lei, a ricevere il premio è l’attivista indiano Kailash Satyarthi, sin dagli anni ’90 impegnato nella lotta contro il lavoro minorile.

La Malala Fund con papà Ziauddin
Un premio meritatissimo seppur giovanissima in quanto, nonostante il costante pericolo di essere nuovamente attentata, Malala ha sfruttato la popolarità raggiunta negli ultimi anni per continuare strenuamente il proprio attivismo e studiare: ha fondato la MalalaFund che gestisce con il padre, finanziando soprattutto l’istruzione secondaria delle ragazze e le iniziative globali che operano in Pakistan, Nigeria, Kenya, Sierra Leone e nei Paesi che ospitano rifugiati siriani e, dopo aver lasciato la sua scuola in Pakistan a seguito dell’attentato, dal 2013 studia a Birmingham alla Edgbaston High School.

Nel 2015, in occasione del suo 18° compleanno finanzia l’apertura di una scuola per rifugiati siriani in Libano e, poco dopo, sceglie di sostenere l’iniziativa The Global Goals insieme a tanti altri attivisti e personaggi pubblici come Meryl Streep e Rania di Giordania, affinché entro i prossimi 15 anni si raggiungano definitamente 17 obiettivi globali. Tra questi l’eliminazione della povertà estrema e la lotta al cambiamento climatico da inquinamento.
Nello stesso anno si rende disponibile per un documentario dal titolo He Named Me Malala, di David Guggenheim in cui fa entrare il pubblico nella sulla sua vita quotidiana.
L’ammissione a Oxford e la pubblicazione di nuovi libri
Nel 2017 Malala si diploma e viene ammessa all’Università di Oxford, presso il college Lady Margaret Hall, per studiare al corso Philosophy, Politics, and Economics.
Negli anni successivi, ormai lanciata a livello internazionale, affianca lo studio al College con la partecipazione ad eventi internazionali in quanto dall’aprile 2017 è messaggero di pace delle Nazioni Unite con l’incarico di promuovere l’educazione femminile, e la scrittura di libri sul tema, facendo uscire, sempre nel 2017, La matita magica di Malala, nel 2018 Malala. La mia battaglia per i diritti delle ragazze e nel 2019 Siamo tutti profughi. I miei viaggi e i miei incontri con le ragazze di tutto il mondo in fuga dalla guerra.
La laurea
Il 20 giugno 2020, a quasi 23 anni, Malala si laurea a Oxford e alla domanda su cosa farà in futuro, come ogni ventenne post laurea, risponde:
È difficile esprimere la gioia e la gratitudine che provo per aver completato il mio corso di laurea in Filosofia, Politica ed Economia a Oxford. Non so cosa mi riserva il futuro. Per adesso sarà Netflix, leggere e dormire.

Malala: l’epic fail più clamoroso dei talebani
Quale sarà il suo futuro, dunque, non è dato saperlo. Ciò però su cui possiamo soffermarci è ancora una volta l’assurdità di alcune dinamiche esistenziali, come ci fa notare la redazione di marie claire Italia nel suo articolo del 21.06.2017, La storia-manifesto di Malala, l’epic fail più clamoroso dei talebani: l’attentato nei confronti di Malala è stato perpetrato al fine di zittirla quando era nota solo in Pakistan e a qualche appassionato di politica internazionale; il risultato è stato non solo che questa ragazzina sia sopravvissuta, ma anche che sia diventata la più grande cassa di risonanza mondiale della lotta all’occupazione talebana nonché al fondamentalismo islamismo, all’analfabetismo e alla disparità di genere.

Alcuni degli appartenenti al commando che doveva assassinarla sono nel frattempo tornati ingiustamente in libertà, ma nonostante questo, sappiamo che la nostra Malala si sentirà ancora più legittimata nelle proprie lotte appoggiata dall’amore dei suoi sostenitori, dei più deboli che a lei si ispirano, ma soprattutto dei suoi genitori con il papà che, in merito all’educazione impartita alla figlia, ha dichiarato:
Non chiedetemi cos’ho fatto, chiedetemi cosa non ho fatto: non le ho tarpato le ali, tutto qui.
A presto,
Giancarla.
Fonti: AsiaNews; Corriere della sera; formiche; Grado Zero; il Post; libreriamo; Malalacp.weebly; marie claire; RaiNews; Treccani; Wikipedia; Wikiwand.