L’immortalità di Ezio Bosso: la musica è trascendenza, è ciò che ci porta Oltre

Quando muore una persona giovane è una doppia perdita: se ne piange la vita che ha lasciato, ma anche la vita che non ha vissuto determinando un vuoto nelle vite di chi lo ha amato. Se questa persona giovane è anche un artista, si piange tre volte: per ciò che ha lasciato, per ciò che non ha vissuto e per ciò che non ha creato. A seguito della recente scomparsa del celebre musicista e compositore, questo articolo è un omaggio a Ezio Bosso.

Infanzia

Ezio nasce a Torino il 13.09.1971, in una famiglia di operai amante della musica. Una sua prozia è pianista e suo fratello suona la chitarra.

Cresce a Borgo San Donato, un’area abitata prevalentemente da operai e immigrati del sud Italia in cui la sua è una delle poche famiglie piemontesi.

Si avvicina al mondo della musica a 4 anni tramite il fratello per poi entrare al Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Verdi” di Torino, cimentandosi in rudimentali forme di composizione già intorno ai 12 anni per poi, a 14 anni, nel 1985, entrare nel gruppo ska Statuto con il nome d’arte di Xico insieme al compagno di studi Oscar Giammarinaro.

Attraverso questa esperienza durata qualche anno, Ezio entra in contatto con il pubblico iniziando a suonare nei locali della città. Con gli Statuto, incide anche un album dal titolo Vacanze.

La svolta

A 16 anni, Ezio esordisce come solista in Francia e iniziando a girare diverse orchestre europee.

In queste circostanze conosce il contrabbassista Ludwig Streicher che lo spinge a a studiare contrabbasso, composizione e direzione d’Orchestra all’Accademia di Vienna, dedicandosi completamente al suo primo grande amore: la musica classica.

La vita a Vienna, nell’immaginario collettivo città fredda e austera, per Ezio è una rinascita a nuova vita: qui può scrollarsi il marchio di figlio di operai destinato a lavorare in fabbrica per aprirsi una volta per tutte alla sua passione per la musica. Vienna, multietnica e ponte tra Est e Ovest proprio sul finire dei cruciali anni ’80, è un tassello fondamentale per la formazione del teenager Ezio.

Gli anni ’90

Il diploma all’Accademia di Vienna dà i suoi frutti. All’inizio degli anni ’90 un poco più che ventenne Ezio inizia a calcare le più prestigiose scene musicali del mondo, dalla Sydney Opera House al Palacio de Bellas Artes di Città del Messico passando per la Houston Symphony, l’Auditorium Parco della Musica di Roma e, ovviamente, il Teatro Regio di Torino.

Ezio è ormai un affermato musicista.

Oltre all’attività da concertista, direttore e compositore, inizia anche lavorare come compositore per decine di opere teatrali e cinematografiche portando avanti tale impegno per tutta la vita.

Tra le più importanti, le musiche delle opere teatrali La stanza di Emily, Cuori, Sogno di una notte di mezza estate e di Studio su Amleto. Tra il 1998 e il 2001, ancora in teatro, lavora a La confessione biologica, Qoeleth e il cantico dei cantici”, Moi je s’addresse e Aspettiamo quello simpatico.

Gli anni 2000

All’inizio degli anni 2000, Ezio si avvicina alle colonne sonore per il cinema scrivendo nel 2001 quella di Ribelli per caso. Per poi, nel 2003, aggiudicandosi anche un David di Donatello, scrivere quella di Io non ho paura di Gabriele Salvatores, con cui tornerà a lavorare per Quo vadis, baby? e Il ragazzo invisibile. Negli anni a seguire lavora anche alle musiche di Rosso come il cielo, The Moon on the Lake e Il dolce e l’amaro.

Il lavoro di questi anni gli vale due Premi Flaiano d’oro nel 2003 e nel 2005, la già citata nomintion al David di Donatello nel 2004, un Critic and audience choice for best music al Syracuse festival di New York nel 2006 e, nel 2010, è il primo non australiano ad aggiudicarsi il The Green Room Awards per la sua prima sinfonia Oceans.

Il 2011: la malattia e la pausa forzata

É il 2011 quando, a 40 anni, Ezio scopre di essere gravemente malato. È affetto da una Neuropatia, una malattia neurodegenerativa autoimmune – da non confondere con la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) attribuitagli dai media: non sa quando, non sa come, ma capisce che è progressivamente destinato alla completa paralisi, impossibilitato anche ad esprimersi verbalmente sebbene il suo cervello rimarrà sempre vigile e cosciente.

È un momento comprensibilmente terribile per Ezio. La notizia appena ricevuta di fatto potrebbe mettere presto fine alla sua carriera oltre che alla sua stessa giovane vita.

Come se non bastasse, poco dopo, riceve un’altra inaudibile notizia: ha un tumore al cervello.

Stravolto, Ezio in seguito ammetterà di aver pensato in quei momenti anche all’idea di togliersi la vita.

Si dice che la vita sia composta da 12 stanze. 12 stanze in cui lasceremo qualcosa di noi che ci ricorderanno. 12 le stanze che ricorderemo quando saremo arrivati all’ultima. Nessuno può ricordare la prima stanza dove è stato, ma pare che questo accada nell’ultima che raggiungeremo. Stanza, significa fermarsi, ma significa anche affermarsi. Ho dovuto percorre stanze immaginarie, per necessità. Perché nella mia vita ho dei momenti in cui entro in una stanza che non mi è molto simpatica detto sinceramente. È una stanza in cui mi ritrovo bloccato per lunghi periodi, una stanza che diventa buia, piccolissima eppure immensa e impossibile da percorrere. Nei periodi in cui sono lì ho dei momenti dove mi sembra che non ne uscirò mai. Ma anche lei mi ha regalato qualcosa, mi ha incuriosito, mi ha ricordato la mia fortuna. Mi ha fatto giocare con lei. Si, perché la stanza è anche una poesia” Ezio Bosso raccontato dal violinista Andrea Petricca.

A spingerlo a non arrendersi è un medico che riesce a convincere Ezio a curarsi.

Subisce un intervento per l’asportazione della neoplasia e, seppur inizialmente le due patologie non compromettono la sua capacità di dirigere, suonare e comporre permettendogli di tenere nascosto il suo stato di salute, le cure invasive lo conducono ad un drastico dimagrimento, perdendo circa 40 kg. Date le circostanze, Ezio decide di raccontare pubblicamente la sua malattia.

Passano alcuni anni, Ezio supera la neoplasia e cura la neuropatia come può, tentando di tornare a lavorare.

La rinascita

É il 2013 quando viene contattato dal violoncellista Mario Brunello. Tra Ezio e Mario nasce una profonda amicizia che presto si trasforma in un’importante collaborazione professionale: un duo violoncello-pianoforte per il quale Ezio riprende a comporre segnandone il ritorno sulle scene.

Nel 2014, con la composizione Fantasia for Violin and Orchestra, esordisce alla London Symphony Orchestra, mentre nel 2015, ospite di un altro suo grande amico e collega, David Tremlett, nell’opera 3 Drawing Rooms, tiene un concerto definito dalla critica Penelope Curtis “l’evento artistico dell’anno in Gran Bretagna”. Ancora nel 2015, tornato a lavorare con Gabriele Salvatores, ottiene una seconda candidatura al David di Donatello per le musiche de Il ragazzo invisibile.

Chiamato per una collaborazione con l’ Università Alma Mater di Bologna, il 30 ottobre 2015 pubblica il suo primo album da solista con Egea Music, intitolato The 12th Room, in virtù del modo che lui stesso ha di intendere la vita. Ezio ha 44 anni.

Le luci della ribalta

La grande popolarità mediatica, in Italia la ottiene nel febbraio 2016 quando, in qualità di ospite d’onore, interviene al Festival di Sanremo. La sua esibizione e la sua intervista sono tra i momenti più visti dell’intera edizione del 2016, consacrandolo come personaggio amato dal pubblico.

La nuova popolarità è travolgente per Ezio, non risparmiandogli anche di essere oggetto di critiche e satira, oltre che di una certa morbosità per la sua condizione di salute.

Nonostante questo, tra il 2016 e il 2019, lavora alacremente, continuando a girare il mondo e l’Italia.

Gli ultimi mesi

Nel settembre 2019, a causa del progredire della Neuropatia, Ezio è costretto a dichiarare il ritiro dalle scene in quanto impossibilitato a continuare a suonare il piano. Oltre questo però, la neoplasia cerebrale torna a manifestarsi, conducendo il celebre compositore a spegnersi il 15 maggio 2020, a Bologna, all’età di 48 anni. Nonostante alcune relazioni significative, non si è mai sposato né ha avuto figli.

La lezione di Ezio Bosso

Una storia triste ed ingiusta quella di Ezio Bosso, non ci possiamo nascondere dietro un dito, ma esempio di grande caparbietà e fiducia.

La sua tempra la vediamo sin da giovanissimo quando, non solo decide di cambiare il suo destino da operaio per diventare musicista, ma anche di iniziare a viaggiare da solo per mezza Europa: una scelta che solo un adolescente veramente consapevole dei propri desideri è in grado di prendere e di portare avanti. Lo vediamo anche cambiare realtà lasciando l’Italia per andare nella diversissima Austria dove lui, spumeggiante teenager trova la sua dimensione rimanendo concentrato sui suoi obiettivi imparando a scoprire e ad amare una sorprendete Vienna. E quando in Italia, il suo talento operistico viene soprattutto usato per le colonne sonore senza la reale possibilità di sfogarsi come avrebbe meritato nei più grandi teatri, lui non demorde e crea la struggente colonna sonora di Io non ho paura.

Lo abbiamo conosciuto piegato in due dalla malattia, spettinato e tremante, ma estremamente determinato e sorridente:

Sono rinato. Nota dopo nota. Una nota alla volta. Fino ad abbracciarle tutte”.

Convinto che la musica fosse il mezzo di comunicazione per eccellenza, un vero catalizzatore emotivo, al di fuori di lingue parlate e condizioni psicofisiche, Ezio è riuscito ad arrivare anche a quelli come me che oltre il flauto delle medie non sono andati, facendo trasparire energia, decisione, impegno e forza nonostante tutto, nonostante la malattia, fino a quando possibile. Del resto, se non è questa l’Arte, cosa altro può essere?

La musica è una vera magia […] è una fortuna ed è la nostra vera terapia. È come la vita, si può fare in un solo modo: insieme. Ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare. Non è solo un linguaggio ma una trascendenza, che è ciò che ci porta oltre”.

Negli anni di attività, oltre ad aver girato il mondo con la sua musica, ha scritto decine di opere, un vero fiume in piena, commissionate o riprodotte nei più importanti teatri internazionali: Wiener Staatsoper, Royal Opera House, New York City Ballet, Théâtre du Châtelet, San Francisco Ballet, Teatro Bolshoij di Mosca; utilizzate da coreografi come Christopher Wheeldon, Edwaard Lliang o Rafael Bonchela, e da registi come James Thierrée.

Vivo pensando che futuro è anche solo l’istante dopo questo, e sapendo che dopo di me rimarrà la musica. Io non conto niente” Ezio Bosso intervistato da Vanity Fair.

A presto,

Giancarla.

Fonti: Biografieonline; Corriere della sera; Donna Glamour; Ezio Bosso; Il Capoluogi d’Abruzzo; L’Espresso; Teleclubitalia 1 e 2; Tgcom24; Vanity Fair; Wikipedia.

2 risposte a “L’immortalità di Ezio Bosso: la musica è trascendenza, è ciò che ci porta Oltre”

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