Hollywood – miniserie

Trama: Sul finire degli anni ’40 un gruppo di giovani aspiranti attori, registi e sceneggiatori, cerca di farsi largo nel mondo di Hollywood, scontrandosi con i pregiudizi e le contraddizioni di una società ancora legata a valori fortemente tradizionalisti.

Anno: 2020   Paese: USA
Titolo originale: Hollywood
Durata: 45-60min   Episodi: 7
Genere: drammatico, storico   Voto: 4,5/5

Bella e dannata, Hollywood, in una sorta di Universo parallelo ci fa assaporare cosa è stato, cosa non è stato e cosa sarebbe potuto essere il mondo di Hollywood e, di rimando, dell’intera società occidentale, se qualcuno avesse preso decisioni differenti riguardo attori e produzioni fuori dai canoni interamente bianchi e tradizionalisti dell’epoca.

Cosa sarebbe accaduto se…

Partendo da fatti realmente accaduti come la morte di Peg Entwistle, si immagina cosa sarebbe potuto accadere se il mondo cinematografico dell’epoca non avesse insabbiato la notizia ma da questa avesse imparato.

Conosciamo persone e personaggi realmente vissuti che hanno segnato la storia del cinema del dopoguerra, ma che, ahimè, non hanno vissuto i momenti di gloria che qui, in poche puntate, si cerca di donare loro nonostante sia in modo postumo e fittizio.

Artisti che avrebbero meritato di più

Troviamo Vivian Leigh, Rock Hudson, Anna May Wong, Henry Willson, la celeberrima Hattie McDaniel, la famosa Mami di Via col Vento, prima donna nera a vincere un Oscar. Tutti attori e operatori del mondo dello spettacolo che oggi sappiamo avrebbero meritato di più ma che, vuoi il loro genere, vuoi la loro origine etica o il loro orientamento sessuale, per poter seguire i loro sogni hanno dovuto pagare prezzi altissimi. In primis in termini di serenità affettiva e psicologica, non riuscendo comunque in alcuni casi a raggiungere gli obiettivi lavorativi che avrebbero voluto.

Che Hollywood sia un modo per rendere omaggio a questi grandi artisti? Concretamente non lo sappiamo, ma con Hollywood ci emozioniamo.

Un crescendo narrativo

Non voglio farvi spoiler per non rovinarvi la visione di questa splendida miniserie, ma vi invito ad avere pazienza se la prima e un po’ anche la seconda puntata possono apparire noiose, abbiate pazienza, sono preparatorie per gli eventi che si svilupperanno nelle altre 5.

Assistiamo infatti ad un chiaro esempio di crescendo narrativo, con i personaggi che, puntata dopo puntata, si aprono a noi uscendo dai cliché iniziali mostrandoci i loro cuori.

Conosciamo così, tra i tanti, un inaspettato Richard “Dick” Samuels, un glaciale produttore cinematografico degli Ace studios, profondamente un brav’uomo, come lo stesso Rock Hudson gli dirà, che inaspettatamente farà da padre a tutti, prendendoli sotto la propria ala, senza denigrare mai nessuno in anni in cui una donna ebrea a capo di una casa produttrice è un insulto all’intelligenza degli uomini bianchi.

Sceneggiatura e attori: TOP

Una sceneggiatura bella perché perfetta: colpi di scena “giusti”, travolgenti ma credibili, talento, emotività e malinconia uniti alla paura per il Ku Klux Klan.

A tanta bravura narrativa si aggiunge l’interpretazione di qualità di tutti gli attori, nessuno escluso. Alcuni volti noti, altri meno, ci svelano l’emotività dietro le riviste patinate degli anni ’40 e ’50, ci fanno entrare nel privato delle persone ancor prima che dei personaggi che per decenni abbiamo stereotipato o mitizzato avendo di loro solo un’immagine distorta e distante. Ora ne scopriamo umanità e fragilità, andando finalmente oltre.

A presto,

Giancarla.

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