In occasione di qualsiasi evento traumatico che colpisce il nostro Paese, sentiamo sempre nominare la Protezione Civile. Ci riempiamo la bocca di questo nome invocandone giustamente l’aiuto, ma in concreto, quanti di noi sanno in cosa consista davvero o come funzioni la Protezione Civile? Complice un compito assegnatomi in altre circostanze, ho deciso di condividere con voi qualche informazione sull’argomento.
La nascita con lo Stato italiano
Un germe di Protezione Civile esisteva già ai tempi della nascita dello Stato italiano, ossia dalla seconda metà del ‘800. Tuttavia, l’aiuto da parte di corpi dello Stato nei confronti della popolazione colpita da un disastro non era ancora un dovere sancito per legge ma un’attività di pubblica generosità.

Ogni attività era in chiave assistenziale e non previsionale/preventiva, ossia nulla assicurava ai cittadini di ricevere assistenza da parte dello Stato né era prevista alcuna attività volta ad evitare che un disastro si verificasse, ma si agiva solo dopo che un evento si era già compiuto.
1931, l’Enciclica di Papa Pio XI e l’affermazione del principio di sussidiarietà
Un momento topico per il futuro dell’organizzazione delle attività di grandi Realtà come può essere anche una Nazione, si ha nel 1931 quando Papa Pio XI, riprendendo una principio presente in forma embrionale già nella società romana, in una sua enciclica passata alla storia come “Quadragesimo Anno”, afferma il principio di sussidiarietà.
Il principio in questione è di fatto quello che governa l’organizzazione di compiti, competenze e attività in molti Stati occidentali, tra questi, certamente vi è l’Italia che ormai basa da decenni l’organizzazione di ogni suo apparato su di esso.
Quanto scritto da Papa Pio XI così recita:
Come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere ad una maggiore e più alta società quello che nelle minori e inferiori comunità si può fare.
Ossia è corretto riconoscere ad ogni realtà sociale esistente su un territorio quelle che sono le sue competenze, soprattutto in merito alla propria sopravvivenza, e lasciare che queste si manifestino liberamente senza relegare ogni scelta ai poteri più forti, centralizzando ogni decisione. In sostanza è legittimo che per quanto attiene la sua stessa sussistenza, anche la più piccola delle realtà possa decidere per se stessa, sia secondo un discorso di autodeterminazione che di snellimento delle attività decisionali ed organizzative.
Immaginate cosa accadrebbe se ogni minima decisione, invece che presa dal singolo Comune per se stesso, dovrebbe essere presa dallo Stato centrale? Allo stesso tempo, lo Stato centrale non solo si troverebbe subissato da infinite responsabilità, ma non potrebbe mai prendere la reale decisione migliore per la singola comunità in quanto a lui ignota e geograficamente lontana.
Dunque, se non necessario per questioni di rilevanza nazionale, è giusto che si abbia una suddivisione di poteri e competenze tra centro e periferia in modo da rendere il funzionamento dell’intero Stato il più efficace ed efficiente possibile, senza un inutile dispendio di energie e di risorse.
Entrato questo principio nell’ordinamento italiano, ha preso corpo anche in merito all’assistenza dei cittadini in caso di disastro.
Dalla Seconda Guerra Mondiale alla Legge 996/1970
Gli anni tra il 1931 e il 1970, momento in cui si ha una prima legge che definisce l’organizzazione della Protezione Civile, sono un’epoca di grandi stravolgimenti. Sono gli anni della Seconda Guerra Mondiale, della nascita della Repubblica, delle Regioni e del boom economico, apportando grandi cambiamenti ai bisogni percepiti come fondamentali dai cittadini.
Se dopo la guerra i cittadini manifestano come bisogno primario quello di superare la poevertà economica e materiale, migliorate le condizioni di vita, iniziano a chiedere una maggiore attenzione per l’ambiente, esigendo maggiore sicurezza soprattutto in chiave infrastrutturale.
A contribuire all’urgenza di questo bisogno vi sono una serie di catastrofi che nei decenni dilaniano l’Italia: una Nazione che, per sue caratteristiche idrogeologiche, è molto esposta ad un’ampia serie di potenziali disastri naturali, dai terremoti alle alluvioni.
È il 1966 quando, a seguito dello straripamento del fiume Arno, spontaneamente migliaia di persone accorrono per dare una mano alle popolazioni in difficoltà. L’episodio ha una risonanza tale da smuovere gli animi politici fino alla nascita della Legge 996/1970. Per la prima volta, per conto del Ministero dell’Interno, il corpo dei Vigili del Fuoco si impegna ad addestrare ed equipaggiare i cittadini che volontariamente vogliono dare sostegno alle popolazioni colpite da disastro.

Prevedendo un’iniziale forma istituzionale di Protezione Civile, nel 1970 ancora non si parla di attività ex ante, dunque previsione e prevenzione del disastro non rientrano ancora nell’attività della Protezione Civile.
Una serie di passaggi normativi
Passeranno altri vent’anni prima di vedere un’immagine della Protezione Civile così come la conosciamo oggi, questo soprattutto a seguito di una serie di evoluzioni anche dell’intero assetto istituzionale dell’Italia che nel frattempo entra nella Comunità Europea con il Trattato di Maastricht.
Siamo nel 1992, infatti, quando prende vita la legge 225 il Servizio Nazionale della Protezione Civile.
Organizzazione e funzionamento della Protezione Civile
Dipendete dal Ministero dell’Interno, l’attività di protezione civile dipende dal Dipartimento della Protezione Civile – esistente già dal 1982 – dal quale, secondo il succitato principio di sussidiarietà, ricadono a pioggia su Regioni, Province e Comuni una serie di competenze ben precise che in breve vedremo più avanti.
Si definiscono, una volta per tutte, le quattro attività di protezione civile: previsione e prevenzione, soccorso e superamento dell’emergenza:
- previsione e prevenzione: individuazione dei rischi e definizione delle strategie utili a ridurre le probabilità che un evento si realizzi con efficacia e tempestività per ridurre il rischio di danni a cose e persone;
- soccorso e superamento dell’emergenza: prima assistenza alle popolazioni colpite da un evento e attuazione, in un secondo momento, di tutte le iniziative necessarie e ripristinare le normali condizioni di vita.
Lo strumento programmatico principale è il Piano Comunale di Protezione Civile in quanto, in virtù sempre del principio di sussidiarietà, la cellula originaria della Protezione Civile è il Comune.
Il Sindaco è il responsabile dell’attività di Protezione Civile nel proprio territorio e nomina il Referente Operativo Comunale (ROC) che gestirà concretamente le attività di protezione civile.
Sindaco, Assessore alla Protezione Civile, ROC, Responsabile UT e Comandate Polizia Locale più soggetti impiegati nelle funzioni di supporto (es. sanità e assistenza sociale, volontariato, servizi essenziali e attività scolastica, telecomunicazioni) compongono l’Unità di Crisi Locale (UCL) o Centro Operativo Comunale (COC).

La tipologia di eventi in cui agisce la Protezione civile
Gli eventi in cui interviene la Protezione Civile sono classificati in tre tipologie:
- tipo A, eventi fronteggiabili in via ordinaria, con ricaduta e portata locale, ossia gestibili dal Sindaco e dal Comune;
- tipo B, eventi che per dimensioni e ricadute necessitano dell’intervento di più amministrazioni coinvolgendo Enti come Provincia e Prefettura che coordinano il lavoro dei singoli Comuni non sostituendosi comunque a loro per competenza; il Prefetto dà pronta comunicazione degli eventi e degli interventi alla Regione;
- tipo C, eventi catastrofici che per intensità ed estensione richiedono l’utilizzo di mezzi e risorse o l’esercizio di poteri straordinari. Si vede il coinvolgimento delle strutture centrali dello Stato, in primis la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Dipartimento della Protezione Civile, prevedendo, in casi estremi, anche aiuti internazionali.
A definire un evento come di tipo A, B o C sono i tre elementi: portata dell’evento, tipologia di coordinamento necessario nell’attuazione degli interventi e necessità o meno di mezzi o poteri straordinari.

Chi fa parte della Protezione Civile?
Elemento distintivo dell’attività di Protezione Civile è il contributo dei volontari: associazioni di volontariato che, opportunamente formate e a vario titolo, operano gratuitamente per conto del Dipartimento. Ad oggi più di 4000 organizzazioni di volontariato operano su tutto il territorio nazionale.
Altro contributo fondamentale e altrettanto importante è quello offerto da Forze armate italiane, Forze di polizia italiane, Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Croce Rossa Italiana, Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e gruppi di ricerca scientifica. Il lavoro di tutti questi Enti è capillarmente coordinato e pianificato secondo il Metodo Augustus.
Il Metodo Augustus
Il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose.
– Ottaviano Augusto
Si tratta di un metodo di pianificazione previsto dal Dipartimento di Protezione Civile e dal Ministero dell’Interno, basato su uno schema operativo semplice e flessibile caratterizzato da un linguaggio chiaro, in grado di rimodularsi alle specificità di ogni evento che si realizza.
Secondo il Metodo Augistus, fondamentali per la riuscita di un intervento sono: direzione unitaria, comunicazione tra soggetti ed enti interessati (centrali e locali) e disponibilità di risorse adeguate e il loro adeguato utilizzo.
Dopo il 1992
Quanto fin qui affermato, sebbene previsto in buona parte nella Legge 225/1992, ha avuto concreta realizzazione solo negli anni successivi, grazie ad una serie di riforme istituzionali che hanno dato maggiore autonomia agli Enti Locali e semplificato l’attività amministrativa. Tra queste il D.Lgs 112/1998 che ha sancito che ogni cittadino è operatore di protezione civile, ossia, potendoci rendere utili, ognuno di noi ha il dovere di mettersi a disposizione dei soccorsi, mentre con la Legge 328/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” e la Riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, si è dato seguito a quanto affermato nel 1992 affermando che il Comune fa da capofila nella prima risposta all’emergenza perché organo più vicino ai cittadini, in grado di assicurare i tre bisogni fondamentali della popolazione: benessere, cura della qualità della vita e sicurezza.
Con la Legge 100/2012 “Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile” infine, riformando il Dipartimento di Protezione Civile, si sono chiariti e rivisti non solo i criteri di classificazione degli eventi calamitosi, ma si è ribadito quanto l’attività contemporanea di protezione civile, per quanto sempre connessa all’assistenza post evento, deve concentrarsi principalmente nell’attività di previsione e prevenzione dell’evento stesso.

Ad oggi, con gli eventi che ci hanno interessato a seguito del Coronavirus, insieme a medici e sanitari tutti e lavoratori impiegati nei servizi essenziali, gli operatori della Protezione Civile sono coloro grazie ai quali, forse, finalmente, stiamo entrando nella Fase 2. Grazie di cuore per il vostro prezioso lavoro.
A presto,
Giancarla.