Riconoscere il buono che la vita ci offre #5: l’amicizia e distanza nell’era di Internet

Bloccata in casa per un malessere fisico che ogni tanto torna a farmi visita, parlotto con le mie amiche via Whattsapp, mi godo il sole caldo di fine inverno e mi rilasso al cinguettare degli uccellini, felici come me che l’inverno stia passando.

Tra un messaggio e una nota vocale, scorro la mia lista contatti. Esclusi i contatti per lavoro o necessità, di contatti-amici non ne ho tanti, anzi, parlo con e frequento bene o male le stesse persone da diversi anni, stringendo o allargando i rapporti in base ai diversi periodi della vita, per cui a volte si è più in sintonia con qualcuno, altre volte con qualcun’altro.

Crescendo ho imparato cosa significhi lasciar andare, inteso come non trattenere cose e persone che non vogliono far parte della mia vita, ma anche come non affannarsi, dare fiducia a chi è intorno a me e lasciare che gli eventi seguano il loro corso, senza per forza doverci mettere mano. Crescendo ho dovuto anche accettare che i rapporti mutino, che ognuno si faccia la sua vita e segua la sua strada, optando magari per un cammino che non prevedesse di incrociarsi con il mio o almeno non tanto quanto avrei voluto io.

Tutto questo, nel passaggio all’età adulta mi ha portata a fare una cernita tra le amicizie e a salvare concretamente solo quelle a cui sempre e comunque, anche mutando i termini del nostro rapporto, ho sempre sentito di poter mostrare le mie fragilità.

Ha iniziato a prevalere il criterio del “è come se il tempo non fosse mai trascorso”, apprezzando incredibilmente quelle persone che pur non incontrandole spesso, e in alcuni casi neanche sentendole spesso, quando le ritrovavo, come per magia, era come se la nostra amicizia non si fosse mai interrotta. Mi sorprendevo e ancora mi sorprendo di come alcune siano talmente coerenti con se stesse che pur stravolgendo la loro vita, sono sempre Loro, sia nei loro tratti distintivi che nel modo in cui si pongono con te, e per te, che nei loro confronti speri di essere lo stesso: è un vero mistero della vita per cui non puoi che ringraziare la natura di aver creato tanta magnificenza e, soprattutto, di averla preservata dalle brutture dell’Universo.

Ed è così che nonostante la vita porti quelle persone ad allontanarsi da te chilometri e chilometri, dall’altra parte della Nazione, dell’Europa o del Mondo, loro continuano a starti vicino e a manifestarti il loro affetto.

Così è iniziato in modo spontaneo un nuovo modo di raccontarsi favorito dalla tecnologia, in cui con maxi note vocali inviate su Whattsapp, nei momenti di pausa, riposo o nostalgia, ci si raccontiamo l’un l’altra, ci si aggiorna e con lei si continua a condividere un pezzo di vita, non limitandosi a ricordare i tempi che furono, ma a viverne di nuovi, con nuove battute, nuovi racconti e nuove risate, nuove confidenze, pettegolezzi e aggiornamenti, comprendendo che il tempo e la distanza sono realmente relativi. Benedetto Einstein, che c’aveva visto lungo!

La cosa più bella di tutto questo è il bypassare ogni barriera che ci separa, andando oltre fusi orari e stili di vita differenti, e ritrovarci in pensieri e preoccupazioni reciproche, senza mai usare la lontananza come scusa né come mezzo per allontanarci. Ed è così che in particolare con le mie amiche contate nelle statistiche sugli italiani all’estero, ho ritrovato spontaneamente la nostra dimensione amicale, raccontandoci le nostre vite tramite messaggi registrati tanto lunghi quanto è grande la nostra voglia di parlare e aggiornarci.

E’ iniziato tutto per caso con un’amica poi andata all’estero che, anche in Italia non riuscivo a frequentare spesso con cui, tra un “ti mando una nota così ti spiego meglio” e un “senti quando hai tempo”, abbiamo creato la piccola abitudine di inviarci a nostro piacimento, quando ci andava, un resoconto vocale in cui periodicamente aggiornavamo l’altra e le chiedevamo come stava, dicendole di non preoccuparsi di rispondere subito perché tanto non c’era fretta. E così è iniziata questa sorta di corrispondenza vocale, in cui non ci si siede più ad una scrivania a scrivere una lettera, la si rilegge mille volte e la si invia in attesa che arrivi e che la destinataria ci risponda, ma, agevolate dalle nuove comodità tecnologiche, ci mettiamo comode sul divano, in giardino, in un parco o su un pullman con le nostre auricolari e ascoltiamo tutto, minuto dopo minuto, prendendo appunti se necessario e rispondendo, per altrettanti lunghi minuti.

Questo modo di comunicare, a metà tra l’intimità che caratterizzava l’attesa e l’entusiasmo tipici della vecchia corrispondenza, mista all’uso di una tecnologia più immediata è stato per me talmente appagante da volerlo proporre anche ad altre amiche lontane che, secondo ritmi e impegni, hanno accettato di buon grado.

Devo essere sincera, rispolverare ritmi e abitudini delle care vecchie lettere, dopo aver avuto per molti anni delle amiche di penna, per me non è stata una novità. Già con il mio ragazzo che all’inizio era in Sardegna, ho dovuto imparare a dividermi tra mail, messaggi vocali e skype, cercando di mantenere comunque un legame saldo e imparando per questo a comunicare senza essere ossessivi e dando spazio più alla qualità che alla quantità: meglio una telefonata tanto attesa, lunga, ogni tanto, in cui ci si aspetta e ci si racconta tutto, piuttosto che una marea di telefonatine mordi e fuggi tutto il giorno dove non ci si dice niente.

Dunque, memore di queste esperienze, ritrovarmi con le mie amiche, altrettanto sentimentali come me, è stato un vero piacere; un appuntamento fisso da attendere con entusiasmo a cui ogni tot, non posso e non voglio rinunciare, nella speranza che questa abitudine possa resistere nel tempo e nello spazio, come la nostra amicizia,

 Giancarla.

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