Sex Education – stagione 1: La necessità di un nuovo paradigma culturale per l’Educazione sessuale

Trama: Otis è un adolescente un po’ anonimo che soffre l’essere figlio di un’eccentrica sessuologa fin quando, grazie ad un’intuizione dei suoi amici, non decide di offrire a sua volta consulenze sul sesso ai suoi compagni di scuola in piena crisi ormonale.

Anno: 2019   Paese: Regno Unito   Titolo originale: Sex Education   Episodi: 8   Durata: 50min
Genere: Dramma adolescenziale   Voto: 4/5

Sex Education è meritatamente una delle serie più viste di Netflix nel 2019. Un ottimo cast con ottimi attori racconta senza peli sulla lingua il rapporto gli adolescenti moderni e la sessualità, trasmettendoci l’unica grande verità che continua a perpetrarsi generazione dopo generazione:i ragazzi, di sesso, non ne sanno nulla.

Gli adolescenti 2.0 e il sesso

Oggi i ragazzi hanno rapporti, reperiscono contenuti porno e accedono a mille piattaforme in cui si parla di ogni argomento possibile ed immaginabile, ma non sanno nulla di seriamente utile alla loro giovane e inesperta sessualità. Perché? Perché nella nostra società ultra-nozionista manca ancora un catalizzatore, qualcuno che con chiarezza ma anche e soprattutto con sensibilità e maturità (e senza giudizio), sia in grado di parlare loro di sesso, senza punirli, farli sentire inopportuni o giudicati. Questa è la denuncia di Sex Education: in un liceo inglese, tra ragazzi in piena tempesta ormonale, tutti vogliono essere adulti e ostentare maturità, ma nessuno sa esattamente come fare.

Qui spunta Otis, un sedicenne figlio di una sessuologa abituato fin troppo a sentir parlare di sesso che, aiutato dai suoi amici, pensa bene di riempire il vuoto nella vita dei compagni offrendosi come consulente sessuale, ma diventando presto un consulente sentimentale sotto tutti i punti di vista. La sua corretta intuizione è che i compagni, parlando con un coetaneo e sentendosi a loro agio, si sarebbero confidati più volentieri.

Così, da figlio d’arte quale è, Otis diventa il punto di riferimento relazionale della scuola. Ma per certe cose non basta saperla lunga ed essere disposti ad ascoltare: occorrono comunque la maturità e l’esperienza di un adulto. Lo stesso infatti, Otis convive con il segreto di avere a sua volta dei problemi legati alla sessualità.

Nonostante questo, lui e i suoi compagni da soli – sempre soli – si trovano a confessare e a dover gestire blocchi psicologici, ansie da prestazione e gravidanze indesiderate.

Il messaggio sociale

Sex Education in ogni modo cerca di farci giungere la richiesta di aiuto dei ragazzi di oggi. Sono più maturi, in alcuni casi più precoci, ma rimangono ragazzi inesperti e la tecnica del perbenismo/proibizionismo, del non detto non li aiuta. Sono adolescenti come lo siamo stati  tutti e che ci piaccia o no, hanno delle necessità fisiche che necessitano di imparare a riconoscere e gestire; hanno domande e vorrebbero risposte dagli adulti di riferimento, ma troppo spesso questo non accade e ritrovandosi abbandonati o nei guai. E con “guai” non mi riferisco alle gravidanze indesiderate, quelle sono il “male” minore e sottendono una gioia a lungo termine.

Per questo motivo penso che Sex Education sia indicato più ad una visione da parte degli adulti (genitori, insegnanti ed educatori) ché a quella dei ragazzi, non per i contenuti più o meno espliciti quanto per l’insegnamento di fondo e induzione alla riflessione che è in grado di generare.

Dovremmo domandarci quale vorremmo che fosse il nostro obiettivo a lungo termine rispetto all’educazione e all’autonomia che vogliamo favorire nelle future generazioni. Se vogliamo preferire rimanere intonsi e angelici ai loro occhi rifugiando certi argomenti o se vogliamo renderli consapevoli delle loro scelte e delle loro vite.

Il blocco che abbiamo nei confronti della sessualità è un problema esclusivamente nostro, con chiare radici culturali, del quale non possono fare le spese i ragazzi, seguiti pedissequamente fino a quel punto della loro crescita per poi sentirsi abbandonati proprio nel momento più cruciale.

Finita la ramanzina, voglio indicarvi la luce in fondo al tunnel ed invitarvi a leggere qualcosa sul metodo educativo danese (se non lo avete già fatto) perché in Danimarca riguardo l’educazione sessuale hanno avuto delle ottime intuizioni che stanno dando altrettanto ottimi risultati. I danesi, infatti, partono dal principio secondo cui la vergogna nel manifestare un problema, un dubbio o un disagio non vale i rischi che si possono correre nel vivere la propria sessualità da impreparati. Per questo creano intorno ai bambini un clima sereno e di non giudizio che li induce sin da piccolissimi a porre qualsiasi domanda senza alcuna paura. A tal proposito vi ricordo che ho scritto un articolo in materia.

Sex Education, la serie Tv

Avrete compreso come questa serie Tv mi abbia convinta e non poco. Ho apprezzato il sottile stile inglese che affiorava da ogni dettaglio (e dalla guida destra), e ho amato il personaggio di Otis per il quale ho provato una grande tenerezza. Lui, insieme al suo amico Eric, in una serie Tv incentrata sul sesso, sono la purezza fatta persona. E non solo perché sono praticamente gli unici a non aver rapporti sessuali in tutte le 8 puntate, ma perché nel loro modo di agire continuano a manifestare un’ingenuità quasi preadolescenziale. Mentre tutti gli altri sono presi da questioni molto fisiche, loro sembrano degli studenti delle medie, ancora animati dalle cotte e per i quali l’amicizia è ancora l’apoteosi della vita relazionale.

Altro personaggio che ho apprezzato molto e per il quale spezzo una lancia nonostante alcune critiche lette sul web, è la mamma di Otis. Ho letto che la definiscono una mamma disfunzionale per via del suo lavoro e del modo in cui lo vive in casa. Beh, secondo me torniamo sempre a bomba: il problema riguardo il tabù sul sesso è solo il nostro. È vero che lo stesso Otis vive un momento di accettazione nei confronti della madre e del suo lavoro risentendone nella sfera sessuale, ma, udite udite, molti di noi durante la propria crescita vivono una fase di scoperta e accettazione dei loro genitori. Se ne notano errori, fallibilità e limiti; se ne notano le conseguenze e gli effetti sulle nostre vite. E questo può segnare irrimediabilmente il nostro passaggio verso l’età adulta.

Disfunzionalità genitoriale, si o no?

Ma avere dei genitori imperfetti non vuol dire avere dei genitori disfunzionali. Vuol dire avere dei genitori umani che non sono quelli di Settimo Cielo (per fortuna).

La mamma di Otis fa un lavoro che molti di noi forse non conoscono, ma è il suo lavoro. È normale che se parli in casa o influenzi il suo modo di vivere e crescere un figlio. Tant’è che molti problemi di Otis non sono neanche legati direttamente al rapporto che ha con sua madre, ma alla paura del pensiero altrui rispetto al lavoro di sua madre. Il problema è esterno, non interno al nucleo famigliare. Sua madre è una donna eccentrica e mamma sola, che cresce suo figlio secondo quello che pensa essere il meglio per lui, facendo del suo meglio. Anche un passo indietro. Questo non è essere un genitore disfunzionale.

I genitori disfunzionali sono coloro che fanno del male fisicamente e/o psicologicamente ai propri figli, coloro che capiscono che ci sono delle necessità ma semplicemente non se ne interessano né se ne preoccupano, sono quelli che scientemente gli mettono i bastoni tra le ruote e gioiscono dei fallimenti dei loro figli; non quelli che fanno del loro meglio ma semplicemente non ce la fanno per via di un umano limite.

Facciamo attenzione quando parliamo di disfunzionalità genitoriale, potremmo generare sensi di colpa infondati e creare danni molto seri. Teniamo sempre a mente invece, che nei rapporti umani, soprattutto i più importanti, spesso non è il risultato fare la differenza, ma la motivazione, l’intenzione e l’amore che lo hanno generato.

A presto,

Giancarla.

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