Per scrivere, sempre. Vita di un’educatrice precaria.

Erano settimane che pensavo di aprire un blog. Non per farmi leggere, ma per scrivere. Sempre.

Il quotidiano non è facile per nessuno di noi, ed ogni giorno che passa sento di miei coetanei ventenni-trentenni fagocitati dalle loro vite.

Che generazione eh?! Questa dei nati tra gli anni ’80 e i 2000… siamo cresciuti “bene”, con mamma e papà che magari non erano chissà quanto benestanti, ma che comunque i nostri capricci li soddisfavano e, un pochino, ogni tanto, soddisfavano anche i loro. Siamo cresciuti con la convinzione che la nostra vita potesse partire dalla base da loro costruita per poi essere tutta in divenire. Ci hanno cresciuti spingendoci ad essere meglio di loro e, per tutto il cammino verso l’età adulta, questa è stata la nostra più grande aspirazione, nostra e dei nostri genitori.

Ed ecco che se mamma e papà non hanno mai viaggiato, a noi hanno permesso di fare la vacanza studio. Ed ecco che se mamma e papà hanno studiato solo una lingua, a noi ne hanno fatte studiare due. Ed ecco che se loro non si sono laureati, a noi hanno dato ogni possibilità di scelta.

E noi abbiamo scelto, e di lauree magistrali ne abbiamo prese due, quasi a voler realizzare entrambi i genitori, riconsegnando una laurea ciascuno.

Ed ora?! Ed ora sono un curriculum di due pagine scarse, a volte europeo, a volte standard, una lettera di presentazione tra le tante pergamene viventi piene di speranze che ogni giorno bazzicano qui e là cercando di mangiare per non essere mangiati. E molti non cela fanno, crollando.

Tanti di noi, sempre di più, cercano aiuto in melatonina, fiori di Bach, psicoterapeuti, sedute di yoga, giornate sfiancanti in palestra, psicofarmaci. Alcuni arrivano ad un punto di rottura talmente profondo da mollare tutto da un giorno all’altro, lasciando inaspettatamente il proprio partner, il proprio lavoro, cambiando città o addirittura Nazione.

Siamo innegabilmente una generazione di frustrati. Ci hanno cresciuti facendoci credere che avremmo potuto realizzare i nostri sogni e ora, dopo lauree, abilitazioni e prime esperienze lavorative, intorno ai trent’anni, ci accorgiamo che se vogliamo concludere il mese dobbiamo prendere quei 40 euro da nostra madre. Noi, che siamo sempre stati diligenti, parsimoniosi, attenti al dettaglio in virtù del futuro che ci avrebbe ripagato, ora aspettiamo il prossimo stipendio per andare a fare degli esami clinici e non chiedere nulla a nessuno.

Tutto ciò per cui abbiamo vissuto ci rendiamo conto costantemente che non ci ha fruttato nulla di appagante, nulla per cui ne sia veramente valsa la pena. Ed è inutile che ci dicano che non è così e che prima o poi le cose si aggiusteranno perché è adesso che dovrebbe essere la fase sbocciante della nostra vita, con il tempo invecchieremo e finiremo definitivamente fuori gioco, impazzendo. Come a qualcuno sta già accadendo.

Lo ammetto, qualcuno di quei rimedi succitati l’ho già provato e ne voglio provare altri, ma soprattutto, so che mi voglio sfogare come accadeva da adolescente, quando ancora non avevamo tutti il pc, i social non esistevano, e si scrivevano fiumi e fiumi di diari, di testi di canzoni e musica.

So che l’età del diario segreto è ormai superata, ma so anche che scrivere è sempre stato per me molto più terapeutico del parlare perché spesso le parole non escono di getto, magari la persona che si ha di fronte ha altrettanti pensieri e non la so può ossessionare con i propri. Allora ecco un ulteriore rimedio alla frustrazione dei Millennials: scrivere. Ma in modalità 2.0.

Da brava Millennial, non può bastarmi una penna, ma ho bisogno di qualcosa che sempre e dovunque io possa avere con me per riordinare i pensieri in modo rapido ed indolore, senza carte né scartoffie, e che, magari, possa raggiungere qualcuno che a sua volta può trovare i miei pensieri terapeutici perché, si sà, noi siamo nati come una generazione di vincenti, e dover ammettere che non ce la si fa non fa che aumentare ulteriormente la nostra frustrazione (per non dire disperazione).

Perciò, eccomi: Giancarla, 27 anni, laureata e precarissima come molti, ma con una certezza: i suoi affetti e le sue origini rumorosamente terrone.

A presto,

Giancarla.

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