Da donna a donna: riflessioni alla fine di un “mese della donna” impegnativo

A inizio mese, pensando a tutti gli impegni che mi attendevano, mi sono detta che Marzo è pazzo. Ma non è che Marzo è pazzo, è questa nostra vita che è folle, e l’incertezza meteorologica di Marzo la fa apparire ancora più matta.

Chiudo un mese di pranzi al sacco, “barboneggiamenti” vari tra una scuola e l’altra, un’ottantina di bambini visti ogni settimana e uno stop per malattia, coronati da pagamenti di diverse centinaia di euro connessi a lavoro e studi che in 10 minuti hanno alleggerito il mio conto dal metabolismo già molto più veloce del mio.

Pranzando nel giardino della Scuola dell’Infanzia del tirocinio.

Per sopravvivere nel Sistema-Italia devi pensare a tutto e al contrario di tutto, il piano B deve essere pronto costantemente, costantemente riadattato e il problem solving deve rientrare tra gli schemi cognitivi involontari: catastrofe esistenziale e SBAM, via di problem solving in scioltezza. 

Alla fine di questo “mese della donna”, il mio pensiero torna all’incompetenza sociale, economica e finanziaria di molte di noi. 

Troppe non sono in grado o non si sentono in grado di prendere in autonomia decisioni importanti per la propria vita, vivendo emotivamente ed economicamente dipendenti da altri senza saper gestire il proprio denaro (sempre che ci sia), senza avere un piano per il proprio futuro e i propri sogni che, che si abbiano figli o no, sono parte di noi e meritano di essere realizzati così come tutta la nostra identità. 

A chi vi dice che non ha senso che andiate a lavorare perché buona parte del vostro stipendio servirà per pagare una tata, ricordate che i figli si fanno in due e che non sarà tutto il vostro stipendio a pagare il tato, ma una parte del vostro e una parte di quello del vostro partner, che il lavoro non è solo guadagno ma realizzazione personale, che i bambini non saranno piccoli per sempre e che tra qualche anno, quando loro saranno a scuola e voi vi sentirete “libere” di lavorare, sarà passato più di un lustro, il mercato del lavoro sarà cambiato e rientravi per voi sarà durissima. E siccome fare un figlio non deve essere un ergastolo per voi ma un dono per la società, forse è il caso che si pensi a una soluzione differente fin da quando si pianifica di avere un figlio INSIEME.

Parlo da persona senza figli, è vero, ma lo dico da donna, educatrice e futura maestra empatica che sente quanto per le altre donne essere ancora identificate in un unico ruolo sia limitante, così come percepisco le donne giunte a un certo punto della propria vita, mangiarsi le mani per le occasioni perse, i sogni irrealizzati e la spensieratezza non goduta.

Quanto é bella la sensazione di raggiungere un traguardo pianificato e realizzato con le proprie capacità e dirsi: “questa sono io, questa è chi voglio essere”?

Tutte e tutti dovremmo poterla provare almeno una volta nella vita. É qui che per me inizia e finisce il concetto di empowerment (femminile).

Una delle aule che mi hanno ospitata in questo mese.

La verità non mi appartiene, la mia è una riflessione alla fine di un Marzo impegnativo volto a realizzare sogni personali e di coppia a 5 anni esatti dal Covid che tanto mi ha insegnato invitandomi a rivedere molto dei miei progetti per il futuro. Il messaggio finale che voglio farvi giungere è: potete sognare, siete legittimate a farlo, anzi, dovete sognare! Avete tutte le capacità oltre che il diritto di provare a realizzarvi, cercate gli strumenti di cui avete bisogno e non fermatevi, mai.

A presto,

Giancarla.