La rappresentazione sociale determina il nostro futuro

Immaginiamo Sultan (nome di fantasia utile a farvi entrare nel mood), è un bimbo allegro e vivace come tanti. Tendenzialmente però, se si trova in un grande gruppo di coetanei, anche dopo diverso tempo, intesse relazioni soprattutto con perenti e vecchi amici: nulla di cui preoccuparsi, ma ai fini della nostra storia sarà significativo.

Un bel giorno, arriva un nuovo educatore con un nome simile al suo, T. . Alcuni bambini iniziano a “sgomitare” per farsi notate. Sultan no, anche se ogni tanto, quando l’educatore prende qualche iniziativa, smette di fare quello che fa e lo osserva.

Dopo qualche giorno, l’educatore cambia orario e Sultan lo nota: “Ma oggi T. non viene?”e, portando avanti alcune routines inizia a chiedere: “può farlo T.?”

Presto detto, Sultan stringe in bel legame con T., partecipando a tutte le attività – anche a quelle che normalmente non lo entusiasmano – con ancora più interesse se a spiegarle è proprio T.

Fino a quando, durante un gioco che lascia i bambini fradici e su di giri, mentre T. è lì con loro che scherzano, bevono e riprendono fiato, Sultan urla: “ T!! Hai la pelle identica a quella di L.!”, un altro bimbo, accanto a T, dal nome arabo anche lui.

Le rappresentazioni sociali di Serge Moscovici

Il primo a parlare di rappresentazione sociale è Serge Moscovici nel 1989, definendole come una serie di concetti e spiegazioni che nascono nella vita di tutti i giorni, attraverso le comunicazioni interpersonali.

A rendere possibile la rappresentazione sociale è il realizzarsi di alcuni meccanismi cognitivi, in particolare ancoraggio e oggettivazione.

L’ancoraggio è quel processo che permette l’assimilazione di stimoli nuovi al nostro sistema di categorie (es. conoscenze già acquisite) e di porlo a confronto con quelli esistenti.

L’oggettivazione, invece, permette a qualcosa di sconosciuto di assumere sembianze fisiche e accessibili che risultano più semplici.

La rappresentazione sociale rende familiare ciò che appare estraneo, mitigando paura e diffidenza.

La rappresentazione sociale (Gattino, Miglietta, Converso 2008) è la rappresentazione mentale di qualcosa e di qualcuno, associata a un simbolo, a un segno che lo rendano famigliare e riconoscibile: integrandosi nel modo di pensare comune, modifica schemi mentali e modalità di pensiero della collettività.

Tuttavia, quando oggetto della rappresentazione sono persone e/o gruppi sociali, le modalità con cui si crea tale rappresentazione, oltre ad avere effetti sulla collettività, generano un enorme impatto sull’identità delle persone coinvolte, riscrivendo il modo in cui esse interpretano se stesse e la loro vita.

La Rappresentazione, nonostante quanto si possa immaginare, ha relativamente poco di esteriore e tantissimo di emotivo. Tuttavia, quella scorza di tratti somatici, caratteristiche fisiche, scelte di vita e storie personali è quella che caratterizza una storia di vita permettendo a chi ascolta di identificarsi.

Ascoltando quelle storie, chi non ne viene emotivamente toccato, le apprezza per quel che sono, imparando a conoscerle; chi da esse si sente toccato o, meglio, rappresentato, le rivive e le attraversa domandandosi se quelle non possano essere anche la SUA storia.

Rappresentando le persone secondo ogni loro caratteristica si innesca sempre e solo un’evoluzione. Non tutte le persone che si riconoscono simili decidono di vivere la stessa storia – non è questa l’evoluzione di cui si parla. A fare la differenza sarà la possibilità di scelta che, a sua volta, determinerà la libertà di espressione.

• Rappresentazione = Scelta e Libertà.

A presto,

Giancarla

Fonti:

Moscovici S., “Le rappresentazioni sociali”, Il Mulino, Bologna, 2005.

Converso D., Gattino A., Miglietta S., “Introduzione alla psicologia sociale-Teorie e Strumenti per gli Operatori dell’ Educazione e della Cura”, Carocci Editore, Roma, 2008.

Le Rappresentazioni Sociali di Moscovici: una definizione | Igor Vitale

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