Trama: La giovane Emily, mai uscita dagli Stati Uniti, viene improvvisamente catapultata a Parigi dopo che la sua collega dell’azienda di marketing per cui lavora a Chicago, rimane inaspettatamente incinta rinunciando all’incarico di partire per un anno per la Francia per assimilare agli standard americani un’azienda parigina più piccola specializzata nella pubblicità di beni lusso. L’ambientamento nella nuova realtà, per Emily, sarà tutt’altro che facile.
Anno: 2020 Paese: USA
Titolo originale: Emily in Paris Episodi: 10
Durata: 24-35min Genere: commedia
Voto: 3,7/5
Dolce e frizzante, sembra proprio che siano stati tutti rapiti dal simpatico Emily in Paris, la serie tv di 10 puntate da mezz’ora circa che vede Lily Collins nei panni della protagonista nonché in uno dei produttori dello show insieme agli ideatori di Sex and the City.
Lily, con la sua solita freschezza, ci offre un personaggio buffo: la classica “americanina” della porta accanto che, per fortuna e per sfortuna, si trova catapultata per la prima volta lontano da casa per immergersi nell’intrigante cultura non politically correct parigina.
Uno show semplice, a tratti ripetitivo e scontato, ma leggero al punto da farci affezionare alla dolce Emily che, per similitudine, strizza l’occhio alle giovani donne che con forza, determinazione e in autonomia cercano di portare avanti la propria vita sentimentale e lavorativa… facendo quello che possono. Forse è proprio questo quello che ci piace tanto di Emily in Paris, del resto, anche chiacchierando tra amiche, quante volte capita che l’uomo che ci piace sia gay, fidanzato o si riveli l’ennesimo caso umano? Così anche Emily si barcamena come può, portando avanti i propri sogni con coraggio e fatica, perché, come le donne sanno, mai nulla piove dal cielo, a meno che non sia una tegola.
Con Emily ci avviciniamo ad una versione francese de’ Il diavolo veste Prada in cui la Miranda di turno è meno preparata e più snob, ma altrettanto stronzetta, facendosi odiare fino all’ultimo.
Un punto delicato è l’immagine che viene fuori dei francesi per non parlare di quella degli americani!
I primi ritratti sempre come con la puzza sotto il naso ma portatori di cultura, i secondi come degli zoticoni portatori di allegria e semplicità.
Non conosco abbastanza nessuna delle due culture per poter esprimere un parere. Ciò che posso dire però rispetto al polverone mediatico che si è sollevato tra critici e testate giornalistiche americane e francesi, è che se si abbassassero i toni, sarebbe meglio: il pubblico non è stupido e l’opinione personale che ognuno ha di Francia e USA non sarà di certo attribuibile a Emily in Paris. Sinceramente guardiamo lo show non per seguire l’ennesima esagerata diatriba diplomatica, ma per sapere come finirà tra Emily e il suo vicino di casa o se finalmente tra lei e Sylvie nascerà una nuova alleanza che, all’insegna della solidarietà femminile, le renderebbe due macchine da guerra del marketing. E poi ci sarà la seconda stagione utile a raddrizzare il tiro su molti aspetti narrativi.
Una seconda stagione, dato il successo ottenuto dalla prima, credo sia scontata. E cosa speriamo di vedere?
Qualche sviluppo con Gabriel, chiaro, ma anche di conoscere meglio tutti gli altri personaggi, per per ora solo spalla alla vita di Emily. Sperimo di sapere qualcosa di più su Gabriel, ovviamente, ma anche su tutti i colleghi di Emily e sulla stessa capa Sylvie, ma anche sull’amica Mandy e perché no, anche sulla stessa Emily della cui vita in USA sappiamo davvero poco.
Insomma, elementi da sviluppare ce ne sono tanti e, sperando di mantenere lo stesso slancio della prima stagione, noi non vediamo l’ora di scoprirli.
A presto,
Giancarla.