Ares – stagione 1

Trama: Rosa, appassionata studentessa di medicina figlia di un’onesta famiglia di lavoratori, viene avvicinata da un gruppo di ragazzi dell’élite di Amsterdam appartenenti ad una confraternita chiamta Ares, una sorta di società segreta di cui sono parte da secoli tutti i potenti d’Olanda. Allettata dall’ipotesi di poter avere finalmente tutte le occasioni di vita mancate a seguito delle sue umili origini, Rosa decide di fare tutto quanto in suo potere per poter entrare a far parte di Ares.

Anno: 2020   Paese: Olanda
Titolo originale: Ares   Episodi: 8
Durata: 30min   Genere: Horror/psicologico
Voto: 4/5

Una coraggiosa autocritica sull’egemonia olandese

Una produzione di cui troppo poco si è parlato e che merita più visibilità è certamente Ares.

Prodotto olandese, dai toni freddi e senza filtri tipicamente nordeuropei, è una coraggiosa autocritca sulle modalità con cui alcune Nazioni occidentali hanno ottenuto e mantenuto per secoli la supremazia su altri Paesi.

In Ares, in modo sensazionalistico, si cerca di fare luce sul cono d’ombra che a volte avvolge alcuni strati della società dove, per chi non vi appartiene, è tutto oro quel che luccica ma che, una volta entrati a farvi parte, si rivelano vere e proprie gabbie dorate dove le responsabilità la fanno da padrone e il peso delle aspettative altrui e delle conseguenze delle proprie azioni è direttamente proporzionale al crescere del proprio prestigio.

Gli inferi di Ares

Vediamo dunque Rosa, una brillante studentessa di  medicina figlia di un infermiere costretto a fare i turni di notte per assistere la moglie affetta da gravi problemi di salute mentale che, desiderosa di poter avere quel riscatto sociale che pensa di meritare da sempre, decide di accettare l’invito di Carmen, ricca ed elegante compagna di università che recluta giovani studenti per le imminenti selezioni della confraternita Ares.

Fin da subito comprendiamo che l’appartenenza ad Ares avrà un prezzo: le selezioni sono senza pietà e il sacrificio in quanto a libertà personale è molto alto. Ben presto infatti, anche Rosa capisce che Ares, più che un club esclusivo per potenti d’Olanda, è in verità una sorta di setta che richiede ai suoi adepti sacrifici indicibili.

A disturbare la discesa inesorabile di Rosa negli inferi di Ares però, ci sarà l’amico d’infanzia Jacob, per nascita destinato ad Ares, ma per scelta non minimamente intenzionato a farvi parte.

La trama impegnata trova la sua chiave di volta nei piccoli dettagli

Con una trama ben definita incentrata su Rosa e con intere sequenze molto forti che nulla hanno da invidiare a Jack lo Squartatore, Ares è adatto ad un pubblico di adulti molto attenti e pronti a non lasciarsi impressionare.

É solo nelle ultime scene infatti (per non dire negli ultimi secondi), che si comprende il vero messaggio di Ares collegando alcuni indizi che sono sempre stati lì ma che, distratti da mille altri accadimenti, avevamo trascurato.

Vi dirò di più, anzi, vi darò un piccolo consiglio: seguite l’istinto. Se guardando (e ascoltando) Ares, immagini e suoni dovessero riportarvi alla mente alcuni ricordi storici o rievocare epiche scene di altri film, sappiate che siete sulla strada giusta.

Ares: il velo di Maya sull’esistenza umana

Seppur categorizzato in molte recensioni principalmente come “horror”, nell’ultima puntata ci accorgiamo di essere di fronte ad una produzione dai chiari connotati psciologici che sfrutta Rosa – e tutto ciò che di raccapricciante accade nelle mura delle sede di Ares – come specchietto per le allodole per farci cadere nei vortici della sceneggiatura, e farci comprendere solo poi che alcune verità fondamentali erano sempre state sotto i nostri occhi, libere, semplici ed accessibili.

Ci viene ricordato infatti che i sacrifici che a volte pensiamo di dover affrontare per raggiungere la felicità, non siano altro che fumo negli occhi, un velo di Maya che ci accieca, poiché la felicità, come sempre e per sempre accade, spesso viene dalle piccole grandi cose grazie ai nostri Grandi Affetti. Questi ultimi sempre presenti nelle nostre vite, soprattutto nei momenti più infelici, e per questo portatori della vera essenza dell’esistenza umana.

A presto,

Giancarla.

 

 

 

 

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