Trama: A seguito di una strana pioggia, letale per gli esseri umani, l’adolescente Simone e il fratellino Rasmus sono rinchiusi dai genitori in un bunker. Qui, in attesa che qualcuno torni a prenderli e senza avere alcuna notizia dal mondo esterno, trascorreranno in solitudine diversi anni, fin quando, improvvisamente, non saranno costretti ad abbandonare il proprio rifugio.
Anno: 2018 Paese: Danimarca Titolo originale: The Rain
Episodi: 8 Durata: 45min Genere: distopico Voto: 3/5
Questa serie sta creando non poco dibattito, le recensioni degli utenti sono attualmente impietose, ritenendola un prodotto molto al di sotto delle aspettative, con una recitazione scarsa e scopiazzato qui e là da produzioni ben più importanti.
Personalmente, devo essere sincera nel dire che The Rain non mi è dispiaciuto affatto, anzi. Ci sono alcune pecche evidenti a livello di sceneggiatura, ossia alcuni passaggi sono piuttosto scontati e, a volte, anche a livello di fotografia, si ha la percezione che si potesse fare di meglio, ma permettetemi dire anche che questa serie è il primo prodotto filmico danese che si propone insistentemente al pubblico internazionale, che la Danimarca è quindi un Paese neofita nelle produzioni di questa portata e che adesso, per la prima volta, ha deciso di lanciarsi sul mercato scegliendo, probabilmente per un discorso di visibilità, di appoggiarsi ad una piattaforma in crescita come è Netflix.
Ricordandoci poi che siamo assuefatti da decenni di produzioni americane, con uno stile e una capacità tecnica che dettano gli standard di noi spettatori, ma che esistono anche Paesi che non sono Hollywood, che non hanno trascorsi cinematografici epici e le cui popolazione e superficie territoriale sono pari a due regioni italiane di medie dimensioni messe insieme, come è appunto la Danimarca. Ne segue che, a mio parere, la casa di produzione Miso Film abbia fatto un lavoro egregio e che se non va premiata per la qualità, va premiata per il coraggio.
Per farvi comprendere ulteriormente dove voglio andare a parare, vi faccio notare che gli attori presenti in The Rain, alcuni già noti nel panorama attoriale anche internazionale, praticamente sono sconosciuti sul mondo social, e soltanto ora, con l’uscita della serie, alcuni di loro hanno iniziato ad aprire qualche pagina personale. Per questo, approcciarsi a questa produzione con gli stessi occhi con cui si guardano realtà affermate come Walking Dead, a mio avviso, non ha assolutamente senso, e credo che gli stessi produttori di The Rain non avessero tale pretesa competitiva nei confronti del pubblico, se non sperimentare e celebrare il genere distopico che ora va tanto di moda.
Si è sottolineata inoltre l’oggettiva carenza, in alcuni tratti, della capacità recitativa degli attori. Io stessa ho trovato molto scarsa la resa del piccolo Rasmus, ma giustamente, come mi ha fatto notare qualcuno, un buon 60% di queste mancanze è dovuta anche allo scarso lavoro dei doppiatori italiani, rendendo incontrastata la legge per cui: per apprezzare al meglio una produzione, è necessario vederla in lingua originale. Tuttavia, optando per la visione in danese, occorre comunque tenere a mente che parliamo di attori giovanissimi che, se qualcuno ha già avuto esperienza, qualcun’altro no e, in una produzione relativamente piccola, non possiamo essere tutti Dakota e Elle Fanning.
Di The Rain invece ho amato incondizionatamente la scenografia. Nello specifico, la serie si svolge nei dintorni di Copenaghen, permettendoci di godere di meravigliosi panorami scandinavi che raramente vediamo sullo schermo e che vi sfido a criticare in negativo.
Come si può dedurre, nel complesso ho trovato The Rain molto avvincente, a fine puntata sorgeva in me il desiderio di avviare subito la successiva, così come in me è sorta la voglia di vedere al più presto una seconda stagione, ma in generale, ammetto che più di ogni altra cosa, mi riempie di entusiasmo vedere che oltre agli Usa, anche altri Paesi finalmente riescono a far emergere le proprie produzioni: adoro scoprire nuovi modi di intendere la vita, di vivere i rapporti e di affrontare le problematiche esistenziali, oltreché entrare in contatto con nuovi stili di recitazione o di regia, differenti dalle solite smorfie da sit com condite di patriottismo americano. E vi dirò di più, sarei veramente felicissima se presto anche l’Italia riuscisse a presentarsi al pubblico internazionale con qualcosa di radicalmente nuovo da affiancare a Suburra, riuscendo magari a fidelizzare una buona fetta di pubblico straniero, magari presentando anche un’immagine inedita del nostro Paese. Chissà, noi speriamo e attendiamo, e intanto, ci gustiamo la danese The Rain. Buona visione, a presto,
Giancarla.